Polonia: le autorità pongano fine alla narrazione d’odio contro le persone Lgbti e le proteggano dalla violenza e dalla discriminazione

21 Luglio 2022

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Amnesty International ha accusato le autorità polacche di portare avanti una narrazione d’odio e stigmatizzante nei confronti delle persone Lgbti e di frustrare e stroncare le loro proteste pacifiche.

Il rapporto, intitolato “Ci trattano come criminali”, rileva come le persone Lgbti e quelle loro alleate, quando scendono in strada per protestare contro gli attacchi ai loro diritti, siano spesso private di protezione dagli attacchi fisici e verbali da parte di contromanifestanti omofobi, paghino le conseguenze di tattiche di polizia basate sul pugno di ferro da parte della forze di polizia e vadano incontro a procedimenti penali.

“Le autorità polacche non solo sono responsabili di una diffusa narrazione d’odio contro le persone Lgbti ma vengono anche meno al dovere di proteggere queste comunità dalla violenza e dalla discriminazione che seguono alle loro parole e alle loro azioni”, ha dichiarato Anna Błaszczak-Banasiak, direttrice di Amnesty International Polonia.

“Limitazioni, requisiti e dure sanzioni illegali imposte nei confronti delle persone Lgbti e di quelle loro alleate stanno riducendo lo spazio per il libero esercizio dei loro diritti umani e creando un’atmosfera di paura. Coloro che, con coraggio, protestano sono prese di mira dalle forze di polizia o non vengono protette dagli attacchi di contromanifestanti, in uno stato in cui questi attacchi non sono neanche considerati, dal punto di vista della legge, crimini d’odio”, ha aggiunto Błaszczak-Banasiak.

Secondo il rapporto di Amnesty International, negli ultimi cinque anni le autorità si sono intenzionalmente armate di requisiti onerosi e complessi per vietare, limitare o disperdere in modo arbitrario e discriminatorio le proteste della comunità Lgbti.

La situazione per le persone Lgbti si è rapidamente deteriorata dopo il 2019, con un profondo aumento della narrazione ostile e stigmatizzante, che ha visto protagonisti anche rappresentanti di alto livello delle istituzioni. A questa retorica si è aggiunta l’adozione di risoluzioni omofobe che, a livello locale, hanno introdotto le cosiddette “Lgbti-free zone”: seppur non legalmente vincolanti, questi provvedimenti sono risultati dannosi e hanno alimentato un’atmosfera di ostilità nei confronti delle persone Lgbti residenti in quei territori.

A Bialystok, Gniezno and Lublino pacifici “manifestanti per l’uguaglianza” sono stati attaccati da contromanifestanti e le forze di polizia non hanno mai garantito protezione adeguata. In alcuni casi, durante queste manifestazioni, le forze di polizia ha usato forza eccessiva nei confronti delle persone Lgbti e di quelle loro alleate.

“Non sappiamo dove si fermerà questa campagna d’odio. Automobili dalle quali vengono diffusi slogan omofobici percorrono le strade della Polonia con impunità ma siamo noi le persone che soffrono e vengono punite. È a causa del nostro duraturo attivismo che oggi ci troviamo in questa pessima condizione”, ha testimoniato Jacek, attivista veterano e organizzatore delle “Marce per l’uguaglianza”.

La situazione è particolarmente pericolosa per coloro che agiscono in favore dei diritti delle persone Lgbti e si oppongono pubblicamente all’omofobia, alla bifobia e alla transfobia di sistema. Queste persone vanno incontro a varie forme di rappresaglia, comprese le indagini penali. Le indagini danno luogo ad anni di sofferenza e di costosi processi che impediscono alle attiviste e agli attivisti di impegnarsi nel già limitato spazio di libertà per la società civile.

“Il governo polacco deve agire subito per invertire questa grave situazione. Invece di prendere di mira le persone Lgbti e quelle loro alleate, le autorità dovrebbero rispettare, proteggere e promuovere i loro diritti e agire urgentemente per assicurare la fine di tutte le forme di discriminazione sulla base dell’effettivo o percepito orientamento sessuale e dell’identità di genere”, ha concluso Błaszczak-Banasiak.