Premio Sakharov a Raif Badawi: ‘il Parlamento europeo lo premia, l’Unione europea tace sulle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita’

16 Dicembre 2015

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Amnesty International ha commentato l’odierno conferimento del premio Sakharov per la libertà di pensiero a Raif Badawi sottolineando come il riconoscimento da parte del Parlamento europeo metta in evidenza l’ampiezza della repressione che l’Arabia Saudita sta attuando nei confronti di blogger, attivisti e difensori dei diritti umani, anche attraverso il ricorso a pene crudeli e inumane.

Ma, sottolinea Amnesty International, la decisione del Parlamento segna anche un profondo contrasto col silenzio assordante della diplomazia dell’Unione europea che, ad oggi, non solo non ha reagito alle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita ma non ha neanche chiesto il rilascio incondizionato e immediato di Raif Badawi. Allo stesso modo, molti stati dell’Unione europea sono rimasti muti di fronte alla clamorose violazioni del diritto internazionale dei diritti umani, che chiamano in causa l’Arabia Saudita tanto all’interno quanto all’esterno del paese.

‘Nonostante l’indignazione popolare sollevata in Europa e altrove nel mondo, dalla vicenda di Raif Badawi, l’Unione europea e i suoi stati membri brillano per l’assenza di azioni concrete per ottenere il suo rilascio’ – ha dichiarato Iverna McGowan, direttrice ad interim dell’Ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee.

‘Assistiamo inoltre alla grave mancanza di volontà, nei rapporti dell’Unione europea con le autorità saudite, di assumere una posizione forte sui diritti umani nel loro complesso’ – ha aggiunto McGowan.

L’assenza di iniziativa da parte dell’Unione europea coincide con un profondo aumento del ricorso alla pena di morte – pratica vietata all’interno dell’Unione europea – in Arabia Saudita, con almeno 151 esecuzioni sin qui registrate, più di quelle del 2014. Inoltre, da tre anni a questa parte, il governo saudita sta sistematicamente annullando ogni forma di attivismo sui diritti umani, anche grazie alla legislazione ‘antiterrorismo’ entrata in vigore nel febbraio 2014. L’avvocato di Raif Badawi, Waleed Abu al-Khair, è stato il primo difensore dei diritti umani condannato ai sensi della nuova legge.

‘Pare che nelle relazioni dell’Unione europea con l’Arabia Saudita, così come con gli altri paesi del Golfo, siano in gioco molti interessi di natura diversa, come l’energia, le relazioni commerciali e la cooperazione contro il terrorismo’ – ha commentato McGowan.

‘L’Unione europea e molti dei suoi stati membri citano il loro desiderio di cooperare con l’Arabia Saudita contro il terrorismo come scusa per non prendere posizione sui diritti umani. Ma in realtà sono proprio le controverse norme antiterrorismo in vigore in quel paese ad aver causato l’imprigionamento di molti difensori dei diritti umani. Cooperando con l’Arabia Saudita e al contempo ignorando ed evitando di condannare pubblicamente le violazioni dei diritti umani, l’Unione europea sta dando alle autorità di Riad il segnale di via libera ad andare avanti’ – ha concluso McGowan.

Amnesty International continua a chiedere alle autorità saudite di annullare le condanne di Raif Badawi e rilasciarlo immediatamente e senza condizioni, insieme a tutti gli altri prigionieri di coscienza. La sentenza a 1000 frustate, ancora in vigore, rappresenta una flagrante sfida al divieto di tortura e di altri trattamenti o pene crudeli, inumane e degradanti previsto dal diritto internazionale.

Amnesty International, inoltre, chiede all’Alta rappresentante e vicepresidente dell’Unione europea, Federica Mogherini, di convocare una discussione urgente del Consiglio affari esteri (che riunisce i 28 ministri degli Esteri dell’Unione europea) che intraprenda azioni concrete per ottenere il rilascio di Raif Badawi, del suo avvocato Walid Abu al-Khair e di tutti gli altri difensori dei diritti umani attualmente in carcere per aver esercitato pacificamente i loro diritti e aver difeso i diritti di altre persone. Da questa discussione potrebbe svilupparsi una strategia per fare miglior uso delle relazioni tra Unione europea e Arabia Saudita, allo scopo di proteggere i diritti umani universali.