Processi in Tunisia, le vittime e i loro familiari devono essere protetti

13 Febbraio 2012

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Amnesty International ha sollecitato le autorità tunisine ad assicurare che le vittime di violazioni dei diritti umani, i loro familiari, i testimoni e gli avvocati coinvolti nei processi nei confronti di imputati del deposto regime siano protetti da minacce e intimidazioni.

Il processo iniziato il 28 novembre 2011, presso la corte marziale di Kef, nei confronti di 23 pubblici ufficiali accusati di uccisioni avvenute durante le rivolte di Thala e Kasserine, è stato segnato da una serie di minacce rivolte direttamente o attraverso dichiarazioni in televisione e sui giornali.

Amnesty International ha deplorato il fatto che parecchi degli imputati, nonostante siano accusati di aver ucciso manifestanti, non siano stati sospesi dall’incarico e continuino a svolgere il loro lavoro. Ciò alimenta il timore delle famiglie delle vittime che i responsabili di queste violazioni dei diritti umani non saranno chiamati a rispondere del loro operato.

Uno degli imputati, Moncef Laajimi, era il capo del reparto antisommossa della polizia della regione nord della Tunisia, comprendente le città di Thala e Kasserine, ai tempi della rivolta. È accusato di aver dato l’ordine di sparare contro i manifestanti. Non solo è ancora a piede libero ma nei mesi successivi è anche stato promosso di grado. Il 28 dicembre si è presentato all’unica udienza cui ha preso parte, scortato da un folto numero di agenti della sicurezza che hanno minacciato di devastare il tribunale se il loro capo fosse stato arrestato. Nel gennaio 2012 è stato destinato ad altro incarico all’interno del ministero dell’Interno.

A oltre un anno di distanza dalla rivolta in cui 300 persone vennero uccise e almeno 700 ferite prima che l’ex presidente Zine El Abidine Ben Ali lasciasse la Tunisia, le famiglie delle vittime sono ancora in attesa della verità e della giustizia. Nell’attesa, ricevono minacce.

Nel maggio 2011, dopo che le indagini della magistratura civile avevano evidenziato lentezze e assenza di capacità o di volontà di convocare le persone sospette di aver commesso violazioni dei diritti umani,  tutti i procedimenti sono stati trasferiti alla giustizia militare. I processi, con un diverso grado di avanzamento, sono in corso presso le corti marziali di Tunisi, Kef e Sfax.

La ‘Commissione d’inchiesta sugli abusi commessi nell’ultimo periodo’, istituita nel febbraio 2011, deve ancora rendere pubbliche le sue conclusioni.