Foto di Iuventa Crew
Tempo di lettura stimato: 3'
Nel processo contro l’equipaggio della nave di soccorso “Iuventa”, il tribunale di Trapani ha respinto la richiesta di costituzione come parte civile avanzata dalla presidenza del Consiglio finalizzata a richiedere il risarcimento dei costi che, secondo il governo Meloni, sarebbero stati causati dalle Ong impegnate in azioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Accettata invece la richiesta del ministero dell’Interno: sarà dunque parte civile al processo contro i difensori dei diritti umani, ma non contro le Ong.
“È sorprendente quanto il governo italiano sia disposto a fare per dissuadere le Ong dal salvare le vite delle persone in mare”, ha dichiarato Elisa De Pieri, ricercatrice regionale di Amnesty International.
“Non contento che l’equipaggio della nave ‘Iuventa’ e altri debbano affrontare un processo per le operazioni di salvataggio effettuate, il governo ha avuto l’audacia di chiedere di costituirsi parte civile per ottenere un risarcimento per i presunti ‘danni’ che sostiene di aver subito a causa del lavoro delle Ong che hanno salvato vite umane. È un sollievo che il tribunale abbia respinto questa pretesa assurda, tentativo palese di intimidire la società civile. Accogliamo invece con rammarico la decisione del gip circa la costituzione del ministero dell’Interno come parte civile contro i membri degli equipaggi”, ha proseguito De Pieri, evidenziando che “anche la posizione del ministero dell’Interno appare intimidatoria dei confronti dei difensori dei diritti umani”.
L’Italia deve garantire che i difensori dei diritti umani, come l’equipaggio della nave “Iuventa”, possano operare senza temere rappresaglie. Al contrario, le autorità stanno prendendo di mira le Ong di soccorso.
Due settimane fa Mary Lawlor, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, ha dichiarato che il caso “è affetto da violazioni procedurali” e lo ha definito “una macchia sempre più scura sull’impegno dell’Italia e dell’Unione europea in favore dei diritti umani”.
“Le persone continuano a fuggire dagli orrori della Libia. Mentre l’Italia soccorre le persone in pericolo nelle proprie acque territoriali, quelle che si trovano a rischio al di fuori di essa, nelle aree di soccorso libiche e maltesi, rischiano di annegare o di essere costrette a tornare in Libia. È la presenza delle Ong di soccorso che impedisce che questo accada”, ha concluso De Pieri.