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Avevano detto loro che li avrebbero portati a effettuare un tampone per verificare se fossero positivi al Covid-19. Poi sarebbero tornati ai loro dormitori.
Invece, il 12 e il 13 marzo centinaia di migranti nepalesi sono stati portati in centri di detenzione e sommariamente espulsi, tra il 15 e il 19 dello stesso mese, senza ricevere informazioni né poter contestare l’illegittimità del provvedimento.
Amnesty International ha potuto ricostruire questa vicenda parlando con 20 di loro, a molti dei quali non è stato permesso neanche di recuperare i loro effetti personali, per non parlare dei documenti d’identità e dei telefoni cellulari già sequestrati.
Gli arresti sono avvenuti nella capitale Doha, soprattutto nelle zone dell’Area industriale, di Barwa City e di Labour City. Gli agenti di polizia si esprimevano in arabo e le uniche parole comprensibili erano “corona” e “test”. Solo a tre dei 20 intervistati è stata misurata la temperatura. Solo in due casi su 20, durante il periodo di detenzione, si sono palesati i datori di lavoro per pagare lo stipendio che, però, in un caso, è stato rubato da un agente di polizia.
Di fronte alle proteste di Amnesty International, il governo del Qatar ha reagito sostenendo che durante un’ispezione all’interno dell’Area Industriale erano state scoperte “persone coinvolte in attività illecite e illegali, come la produzione e la vendita di sostanze proibite e la cessione di cibi pericolosi che avrebbero potuto causare gravi danni alla salute“.
Nei verbali in arabo consegnati alle persone prima di essere espulse, esaminati da Amnesty International, non c’è tuttavia alcun riferimento a presunte attività criminali.