Qatar: “Riforme del lavoro incomplete e risarcimenti ancora dovuti mentre i mondiali di calcio si avvicinano”

20 Ottobre 2022

Photo by Warren Little/Getty Images

Tempo di lettura stimato: 11'

Nel suo ultimo documento precedente i Mondiali di calcio, Amnesty International ha sollecitato le autorità del Qatar a impegnarsi nuovamente a portare a termine le riforme delle leggi sul lavoro, tanto nel presente quanto nel periodo successivo alla fine della competizione.

L’organizzazione per i diritti umani ha sottolineato come le violazioni dei diritti umani ai danni dei lavoratori migranti restino diffuse e, quando manca solo un mese al calcio d’inizio, ha rinnovato la richiesta alla Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa) e al governo del Qatar di istituire un fondo di risarcimento per i lavoratori migranti.

La revisione delle norme sul lavoro intrapresa dal 2017 ha portato ad alcuni evidenti miglioramenti in favore dei due milioni di lavoratori migranti presenti in Qatar, centinaia dei quali coinvolti nella realizzazione di progetti essenziali per lo svolgimento dei Mondiali di calcio. Tuttavia, la mancata effettiva applicazione e attuazione di queste norme continua a compromettere l’impatto benefico sui lavoratori migranti. Migliaia di essi vanno ancora incontro a ritardi o mancati versamenti dei salari, diniego dei giorni di riposo, insicurezza sul lavoro, ostacoli al cambiamento di lavoro e all’accesso alla giustizia, mentre migliaia di decessi restano privi di indagini.

“Sebbene negli ultimi cinque anni il Qatar abbia fatto importanti passi avanti nel campo dei diritti dei lavoratori, è ampiamente chiaro che c’è ancora una grande distanza da colmare. Migliaia di lavoratori rimangono bloccati nel consueto circolo di sfruttamento e violenza grazie alle scappatoie legali e all’insufficiente attuazione delle riforme”, ha dichiarato Steve Cockburn, direttore del programma Giustizia sociale ed economica di Amnesty International.

“Mentre si avvicina l’inizio dei Mondiali di calcio, la protezione dei lavoratori migranti dallo sfruttamento è reale solo a metà e i risarcimenti per coloro che hanno subito soprusi sono a malapena iniziati. È fondamentale che il Qatar s’impegni a migliorare le condizioni di lavoro anche nel lungo periodo. Il progresso non dovrà interrompersi una volta che lo spettacolo dei Mondiali di calcio avrà lasciato Doha”, ha aggiunto Cockburn.

Il mese scorso un sondaggio commissionato da Amnesty International ha rilevato uno schiacciante sostegno, nell’opinione pubblica e nei tifosi di calcio, ai risarcimenti per i lavoratori migranti che hanno subito violazioni dei diritti umani nella preparazione dei Mondiali di calcio. L’esito del sondaggio ha dato forza alla campagna #PayUpFIFA, lanciata nel maggio 2022 da una coalizione di organizzazioni per i diritti umani, compresa Amnesty International, tifoserie e sindacati per chiedere alla Fifa e alle autorità del Qatar di avviare un programma a tutto tondo per risarcire i lavoratori e prevenire ulteriori violazioni dei loro diritti.

“Nonostante il grande e crescente sostegno da parte di tifosi, associazioni calcistiche e sponsor, il Qatar e la Fifa stanno ancora esitando. Manca solo un mese e il tempo perché possano fare la cosa giusta si va esaurendo”, ha commentato Cockburn.

“Chiudere un occhio sulle violazioni subite in questi anni da migliaia di lavoratori migranti è in completo contrasto coi loro obblighi e con le loro responsabilità. Fifa e Qatar devono agire insieme per assicurare che coloro che hanno così tanto sofferto per rendere possibile questo campionato non siano lasciati indietro”, ha proseguito Cockburn.

Tra le riforme entrate in vigore dal 2017, ci sono una legge sulle condizioni delle lavoratrici domestiche che vivono nell’abitazione presso la quale prestano impiego, la costituzione di tribunali del lavoro per favorire l’accesso alla giustizia, l’istituzione di un fondo per i salari non versati e l’introduzione del salario minimo. Il Qatar ha inoltre ratificato due importanti trattati sui diritti umani, sebbene non riconoscendo il diritto dei lavoratori migranti ad aderire a un sindacato. Il Comitato supremo, organizzatore dei Mondiali di calcio, ha introdotto standard riguardanti il lavoro ma validi solo nei siti ufficiali come gli stadi e dunque a beneficio di una piccola parte dei lavoratori impiegati nei progetti essenziali del campionato di calcio e, dunque, del due per cento della forza lavoro presente in Qatar.

Nel riconoscere l’importanza di queste riforme, Amnesty International ha presentato un piano d’azione in dieci punti per affrontare le problematiche ancora attuali e ha sollecitato le autorità del Qatar ad attuare e a rafforzare le protezioni sul lavoro, a dare forza contrattuale ai lavoratori e garantire il pagamento dei salari, l’accesso alla giustizia e le riparazioni.

 

Lavoro forzato e morti senza spiegazioni

I lavoratori migranti impegnati nei progetti relativi così come in quelli non relativi ai Mondiali di calcio continuano a subire violazioni dei diritti in modo rilevante. Molti, soprattutto nei settori della sicurezza e del lavoro domestico, sono ancora sottoposti a condizioni che costituiscono lavoro forzato. Nel lavoro domestico, si continua a lavorare, al chiuso di abitazioni private, da 14 a 18 ore al giorno senza giornata di riposo.

Gli addetti alla sicurezza si vedono ripetutamente negate le giornate di riposo e sono costretti a lavorare con la minaccia di sanzioni, come le trattenute arbitrarie dal salario o talora la confisca del passaporto, nonostante queste prassi violino le leggi del Qatar.

Joshua*, proveniente dal Kenya, impiegato in un’agenzia di sicurezza, ha lasciato il Qatar prima della fine del contratto a causa delle condizioni di lavoro:

“Era insopportabile stare in quell’azienda a causa del modo in cui mi trattavano e del carico di lavoro. In quattro mesi, avevi solo due giorni di riposo; i salari venivano versati in ritardo e con riduzioni in seguito a multe ingiustificate. L’azienda ha trattenuto il mio permesso di soggiorno così se dovessi trovare lavoro con un’altra azienda non potrei tornare in Qatar”.

La morte, nell’ultimo decennio, di migliaia di lavoratori migranti impegnati in progetti relativi ai Mondiali di calcio o altrove resta priva di spiegazioni. Almeno centinaia fra questi decessi sono stati con ogni probabilità causati dalle temperature estreme durante i turni di lavoro. La nuova legge sulle temperature è un passo avanti ma dev’essere rafforzata per essere all’altezza degli standard internazionali e proteggere efficacemente coloro che lavorano all’esterno. Nonostante sia più che provato che il caldo mette la salute fortemente a rischio, le autorità del Qatar hanno fatto poco per indagare sulle morti dei lavoratori migranti, chiarire l’accaduto e disporre risarcimenti, in contrasto con le buone pratiche internazionali.

Non c’è solo il devastante impatto emotivo sulle famiglie delle vittime: la perdita del principale percettore di reddito e la mancanza di risarcimenti hanno fatto sprofondare molte di esse in una povertà ancora peggiore.

Bhumisara*, la morte del cui marito è rimasta senza spiegazioni, ha dichiarato ad Amnesty International:

“Ora è tutto finito. La vita è diventata come uno specchio rotto. Piango spesso, sopraffatta. Essere sola è molto difficile, mi sento come bruciare nella benzina”.

I lavoratori migranti continuano a non poter formare sindacati e a non potervi aderire, contrariamente a quanto prevede il diritto internazionale. Le commissioni congiunte formate e dirette dai datori di lavoro comprendono solo il due per cento della forza lavoro del Qatar. Questi organismi concedono ai lavoratori qualche forma di rappresentanza ma sono segnati da profonde carenze: ad esempio, mancano di meccanismi per la contrattazione collettiva e non forniscono ai lavoratori fondamentali protezioni legali.

 

Somme da estorsione versate alle agenzie di reclutamento e permanenza di alcuni elementi dei sistema kafala 

Il versamento di somme da estorsione alle agenzie di collocamento da parte di chi cerca impiego in Qatar rimane un fenomeno assai diffuso. Per recuperare debiti da 1000 a 3000 dollari occorrono mesi se non anni di lavoro e in questo modo si finisce in un ciclo di sfruttamento. Mentre alcuni lavoratori impegnati in progetti relativi ai Mondiali di calcio direttamente supervisionati dal Comitato supremo sono in grado di chiedere almeno un parziale rimborso delle spese versate, questa opzione non è a disposizione per la maggior parte della forza lavoro presente in Qatar.

Gli importanti cambiamenti introdotti al sistema kafala – che rendeva i lavoratori completamente dipendenti dal loro datore di lavoro – consentono ora alla grande maggioranza dei lavoratori migranti di poter lasciare il paese o cambiare lavoro senza dover chiedere il permesso. Tuttavia, essi rischiano ancora di esser arrestati o espulsi se i loro datori di lavoro annullano il visto sul passaporto, non rinnovano il permesso di soggiorno o li denunciano per essersi “assentati” dal lavoro.

Nonostante il governo abbia dichiarato di aver approvato, dall’ottobre 2020, oltre 300.000 richieste di cambio d’impiego, Amnesty International ha documentato svariati casi in cui negli ultimi mesi datori di lavoro privi di scrupoli hanno usato i loro poteri per annullare i visti, non rinnovare i permessi di soggiorno e denunciare i lavoratori per “assenza” al fine di sfruttare e punire coloro che si erano lamentati per le condizioni di lavoro o volevano cambiare impiego.

Geoffrey*, autista addetto alle consegne, si era rivolto al ministero del Lavoro denunciando il mancato versamento dei salari e l’assenza di cibo e di materiali sanitari: è stato arrestato dalla polizia in quanto “fuggitivo” ed è rimasto in detenzione per tre settimane.

 

*Nomi di fantasia