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Repubblica del Sudan

Il conflitto armato tra le Forze armate sudanesi e le Forze di supporto rapido, affiancate dalle milizie loro alleate, ha causato un grandissimo numero di vittime civili con attacchi deliberati e indiscriminati. Tutte le parti in conflitto hanno commesso gravi abusi e violazioni delle norme internazionali sui diritti umani e violazioni del diritto internazionale umanitario. Donne e ragazze sono state soggette a violenza sessuale legata al conflitto. L’impunità è rimasta alla base delle violazioni e gli abusi legati al conflitto. Le persone sfollate internamente erano milioni e circa 1,4 milioni erano quelle fuggite nei paesi vicini, dove vivevano in condizioni spaventose.

 

CONTESTO

Ad aprile, sono scoppiati intensi scontri tra le Forze armate sudanesi (Sudan Armed Forces – Saf), guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rapid Support Forces – Rsf), capeggiate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo (conosciuto anche come Hemedti), nella capitale Khartoum. Gli scontri si sono rapidamente diffusi verso altre aree, compreso il Darfur e il Kordofan del Nord. I combattimenti erano il risultato di mesi di tensioni tra i due gruppi per le riforme dell’apparato di sicurezza, che erano state proposte, tra i vari punti, nel quadro dei negoziati per un nuovo governo di transizione.

Nonostante le molteplici dichiarazioni di cessate il fuoco, i combattimenti si sono intensificati. Secondo le Nazioni Unite, tra aprile e dicembre, in tutta la nazione, sono state uccise oltre 12.000 persone, e più di altre 12.000 sono state ferite. A ottobre, è stato riportato che circa 15 milioni di persone, pari al 31 per cento della popolazione, versava in una situazione di insicurezza alimentare acuta.

I combattenti, soprattutto le Rsf, hanno compiuto diffusi saccheggi in case private, attività commerciali e istituzioni pubbliche, compresi ospedali, magazzini di organizzazioni umanitarie e banche, a Khartoum e nella regione del Darfur.

Intanto, il ventennale conflitto del Darfur continuava a causare immense sofferenze nella regione.

 

ATTACCHI INDISCRIMINATI

Molti civili si sono trovati in mezzo al fuoco incrociato, mentre i membri delle Saf e delle Rsf lanciavano i loro frequenti attacchi su e da quartieri civili densamente popolati, utilizzando spesso armi esplosive con effetti ad ampio raggio. Le persone sono state di conseguenza uccise all’interno delle loro abitazioni o mentre cercavano disperatamente di procurarsi cibo e altri beni di prima necessità. Altre sono state uccise o ferite mentre fuggivano dalla violenza e in luoghi dove avevano cercato di mettersi al sicuro. Nella maggior parte dei casi, è stato difficile stabilire da quale parte erano state sparate le munizioni che hanno causato morti e feriti tra i civili1.

Il 15 aprile, giorno dell’inizio degli scontri, Ala’ Fawzi al-Mardi, una dottoressa, è stata uccisa e sua madre, Zeinab Ahmad Othman, è rimasta ferita da un proiettile vagante, mentre si trovavano dentro casa nel sobborgo Hay al-Manara, a Omdurman.

Il 24 aprile, Suhair Abdallah al-Bashir, un’avvocata, e i suoi due cognati, Mohammed e Omar al-Rayeh, sono stati uccisi da ordigni esplosivi. Le munizioni sono scoppiate vicino al loro veicolo mentre si dirigevano da casa verso il centro di Khartoum, nei pressi del ministero degli Affari esteri.

Il 18 maggio, Khadija Mustafa Osman Said, i suoi figli Haydar Hamed Guma Khater e Hameid Hamed Guma Khater, e il loro vicino di casa Mustafa Ali Hamdan, sono stati uccisi dopo che la loro casa era finita sotto il fuoco dei proiettili nel quartiere Imtidad, vicino al centro di Nyala, nel Darfur meridionale.

Il 21 maggio, almeno sette persone sono state uccise e altre 12 sono rimaste ferite in un raid lanciato contro il ministero dell’Agricoltura, nella parte settentrionale del quartiere al-Jamarik di El Geneina, nel Darfur occidentale, dove molti residenti avevano cercato riparo dopo avere abbandonato le loro abitazioni.

Il 14 giugno, decine di civili sono rimasti uccisi e feriti, tra cui Gamra Mustafa, colpita da due proiettili mentre era dentro casa nel quartiere al-Madaris di El Geneina. Lo stesso giorno, nel vicino quartiere di Hay al-Riadh, un bambino di sette anni, Adnan Is’haq, mentre era in casa è stato ucciso da un proiettile vagante che lo ha colpito al torace.

 

ATTACCHI E UCCISIONI ILLEGALI

Si sono verificate uccisioni e ferimenti di civili in attacchi deliberati compiuti in molte parti del paese, tra cui Khartoum, ma in particolare nel Darfur occidentale.

Il 13 maggio, membri delle Rsf hanno fatto irruzione nel complesso della chiesa copta di Mar Girgis (San Giorgio), nell’area Bahri di Karthoum. Hanno aperto il fuoco, ferito cinque membri del clero e rubato denaro e una croce d’oro.

Il 19 maggio, Peter Kiano, un insegnante di matematica e ingegneria di 60 anni del Sud Sudan, che aveva vissuto e lavorato a Khartoum per molti anni, è morto sotto i colpi sparati da soldati delle Rsf davanti a un ristorante, alla periferia meridionale di Khartoum.

Sono aumentate le tensioni nel Darfur, con cittadine, città e villaggi del Darfur occidentale, tra cui El Geneina, Misterei e Tandelti, attaccati da milizie arabe armate in assetto pesante, sostenute da combattenti delle Rsf. Molte persone di origine etnica masalit, in maggioranza uomini e ragazzi più grandi, sono state deliberatamente uccise e ferite in attacchi di matrice etnica.

Il 25 aprile, Ibrahim Adam Mohamed e suo fratello Mohamed sono rimasti feriti dai proiettili sparati da membri delle milizie arabe, mentre erano seduti davanti casa nel quartiere Bouhaira di El Geneina.

Il 14 maggio, Adam Zakaria Is’haq, medico e difensore dei diritti umani che collaborava con la Rete per i diritti umani del Darfur, è stato ucciso assieme ad altre 13 persone al centro di soccorso medico, un ambulatorio nel quartiere Jamarik di El Geneina.

Il 17 maggio, Abderrahman Ibrahim Ahmed e Ali Is’haq Ali Bashir, entrambi agricoltori, sono stati deliberatamente uccisi a colpi d’arma da fuoco da combattenti delle milizie arabe a Tandelti, a nord-est di Geneina, vicino al confine con il Ciad. Altri cinque civili, tra cui Mariam Mohamed Ahmad e suo cugino Hassan Ibrahim sono stati uccisi nello stesso episodio.

Il 28 maggio, decine di civili sono stati uccisi a Misterei, una cittadina a sud-ovest di El Geneina, dopo che erano scoppiati scontri tra le Rsf e le milizie alleate, e gruppi armati masalit. I combattenti delle Rsf hanno ucciso cinque fratelli, all’interno della loro abitazione.

Il 14 giugno, il governatore del Darfur occidentale, Khamis Abakar, anche a capo del gruppo armato Alleanza sudanese, è stato ucciso a El Geneina. Era stato in precedenza preso in custodia da combattenti delle Rsf.

 

VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE

Decine di donne e ragazze, alcune di appena 12 anni, sono state vittime di violenza sessuale legata al conflitto, stupro compreso, perpetrata da membri delle parti belligeranti, principalmente le Rsf e le milizie alleate. La maggior parte delle sopravvissute a questi episodi erano sudanesi e alcune cittadine di altri paesi. Sono state rapite e sottoposte a violenza sessuale nelle loro case o quando uscivano per procurarsi cibo o altri beni essenziali. In uno di questi casi, i membri delle Rsf hanno rapito un gruppo di 24 donne e ragazze e le hanno portate in un hotel di Nayala, dove sono state tenute in condizioni equiparabili a schiavitù sessuale per diversi giorni, durante i quali sono state stuprate da diversi membri delle Rsf.

In un altro episodio, il 22 giugno, tre uomini arabi armati vestiti in borghese hanno aggredito una donna di 25 anni e l’hanno costretta a entrare nell’edificio che ospita l’ufficio del registro civile nel quartiere al-Jamarik di El Geneina, dove l’hanno stuprata a turno.

Molte delle sopravvissute non hanno avuto accesso all’assistenza medica e psicosociale necessaria per la mancanza di adeguati servizi di protezione, riabilitazione e supporto economico messi a loro disposizione. Molte strutture sanitarie erano state danneggiate e saccheggiate nel conflitto e il personale medico era fuggito. L’assistenza post-stupro d’urgenza era limitata o inesistente; le sopravvissute non potevano denunciare le aggressioni e chiedere soccorso o avevano troppa paura di farlo. Inoltre, le reti di comunicazione funzionavano in maniera irregolare o erano interrotte in alcune zone e gli spostamenti erano gravemente limitati a causa del conflitto.

 

DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

A luglio, il procuratore dell’Icc ha dichiarato che il suo ufficio aveva cominciato a indagare sui recenti attacchi occorsi in Darfur. Tre persone ricercate dall’Icc, incluso l’ex presidente Omar al-Bashir, non erano state ancora consegnate all’Icc per il processo.

L’11 ottobre, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che ha istituito una missione internazionale di ricerca indipendente per il Sudan. Il meccanismo era incaricato di investigare e accertare i fatti, le circostanze e le cause profonde riguardanti tutte le presunte violazioni dei diritti umani e gli abusi compiuti, così come le violazioni del diritto internazionale umanitario, comprese quelle commesse contro i rifugiati, e i crimini correlati commessi nel contesto del conflitto armato in corso.

 

DIRITTI DELLE PERSONE SFOLLATE INTERNAMENTE

Il conflitto ha avuto un effetto devastante per la popolazione civile e la situazione della sicurezza continuava a deteriorarsi. Da aprile erano oltre 5,8 milioni le persone sfollate internamente al paese, rendendo il Sudan lo scenario della più vasta crisi di sfollati del mondo. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, gli sfollati solo nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 19 ottobre erano più di 4,5 milioni. Tra gli sfollati c’erano rifugiati provenienti da altri paesi, specialmente Etiopia, Eritrea e Sud Sudan, che avevano cercato rifugio in Sudan. La crisi umanitaria affrontata dalle persone sfollate internamente è stata esacerbata dalla grave carenza di cibo, acqua, medicinali e carburante. Il prezzo dei beni di prima necessità era aumentato drammaticamente a causa dell’interruzione delle vie commerciali e delle difficoltà di accesso, rendendo questi beni inaccessibili alla popolazione.

 

DIRITTI DELLE PERSONE RIFUGIATE E MIGRANTI

A partire da aprile, circa 1,4 milioni di persone si erano riversate nei paesi confinanti: Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia e Sud Sudan, dove vivevano in condizioni drammatiche. La situazione per alcuni richiedenti asilo si aggravava ulteriormente nel momento in cui veniva loro rifiutato l’ingresso in alcuni paesi, poiché rischiavano di essere rimandati indietro ad affrontare i pericoli dai quali avevano cercato di fuggire. Le autorità egiziane richiedevano a tutti i cittadini sudanesi l’obbligo di ottenere un visto d’ingresso rilasciato dall’ufficio consolare egiziano nelle città sudanesi di Wadi Halfa o Port Sudan2. Il 29 maggio, l’Egitto ha inoltre introdotto come requisito addizionale un certificato di nulla osta di sicurezza per tutti i ragazzi e gli uomini di età compresa tra i 16 e i 50 anni, da presentare al loro ingresso in Egitto (crf. Egitto).

 

 

Note
1 Sudan: “Death came to our home”: War crimes and civilian suffering in Sudan, 3 agosto.
2 Sudan: Neighbouring countries must provide safe passage to those fleeing conflict, 5 luglio.

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