Rapporto di Amnesty International sui prigionieri dimenticati durante la pandemia da Covid-19

18 Marzo 2021

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Rapporto di Amnesty International sui prigionieri dimenticati durante la pandemia da Covid-19. Nelle strutture detentive la crisi peggiora

“Dimenticati dietro le sbarre”: è il titolo del nuovo rapporto diffuso oggi da Amnesty International sulla crisi causata dalla pandemia da Covid-19 all’interno delle strutture detentive, dove si lotta per prevenire la diffusione del virus e i provvedimenti per controllarla causano gravi violazioni dei diritti umani.

In occasione del lancio del suo rapporto, Amnesty International ha chiesto che gli oltre 11 milioni di detenuti nel mondo siano inseriti nei piani vaccinali nazionali.

In molti stati le prigioni rischiano di essere corsie preferenziali per il contagio: molti detenuti non riescono a ottenere prodotti igienico-sanitari adeguati né dispositivi di protezione individuale, la distanza fisica è difficile da mantenere e le cure mediche disponibili sono limitate.

“Mentre la pandemia da Covid-19 continua a diffondersi nelle prigioni di tutto il mondo, i provvedimenti adottati dai governi per contrastarla producono violazioni dei diritti umani: ad esempio, per mantenere la distanza fisica si ricorre eccessivamente all’isolamento, senza adottare misure per mitigarne le conseguenze”, ha dichiarato Netsanet Belay, direttore delle ricerche di Amnesty International.

L’impatto effettivo dei contagi da Covid-19 e delle relative morti in carcere è difficile da misurare poiché i governi non rendono pubbliche informazioni attendibili e aggiornate. Quelle disponibili mostrano preoccupanti modelli di diffusione del contagio e, mentre i piani vaccinali prendono forma, molti governi non dicono se intenderanno vaccinare i detenuti ad alto rischio di contrarre il virus.

Sovraffollamento pericoloso e non affrontato

Il sovraffollamento è ampiamente riconosciuto come uno dei principali problemi odierni che affliggono le strutture detentive: 102 stati hanno riferito di tassi di occupazione delle carceri di oltre il 110 per cento, con una percentuale notevole di detenuti in attesa di giudizio o condannati per reati di natura non violenta.

Sebbene siano state prese misure per individuare prigionieri da rilasciare, Amnesty International ha verificato che gli attuali tassi di scarcerazione non bastano per contrastare gli elevati rischi posti dal virus.

“Molti stati con livelli pericolosamente alti di sovraffollamento carcerario come Bulgaria, Egitto, Nepal e Repubblica Democratica del Congo non hanno preso misure adeguate per fronteggiare la diffusione della pandemia. In altri stati, come Iran e Turchia, centinaia di prigionieri che mai avrebbero dovuto entrare in carcere, compresi i difensori dei diritti umani, sono stati esclusi dalle misure di decongestionamento”, ha commentato Belay.

La crisi sanitaria

La pandemia da Covid-19 ha fatto emergere anni di riduzione degli investimenti e di vero e proprio diniego dei servizi sanitari nelle carceri. Le direzioni delle prigioni non sono state in grado o non hanno voluto fare fronte al crescente bisogno di misure sanitarie di prevenzione e di servizi di medicina per i detenuti. All’inizio della pandemia, Amnesty International ha verificato che in molti stati i prigionieri non hanno potuto essere sottoposti al test di positività a causa dell’enorme carenza di tamponi mentre in stati come Iran e Turchia ai detenuti sono state arbitrariamente negate le cure mediche.

Stati quali Cambogia, Francia, Pakistan, Sri Lanka, Stati Uniti d’America e Togo non hanno posto in essere misure preventive e protettive per contrastare la diffusione della pandemia da Covid-19 nelle strutture detentive.

“Non importa chi sei o dove sei: ogni persona deve avere a disposizione mascherine, prodotti igienico-sanitari e acqua pulita a disposizione. Soprattutto nelle prigioni, i dispositivi di protezione personale devono essere forniti gratuitamente e i governi devono accelerare l’accesso ai testi e i trattamenti necessari per prevenire e gestire potenziali diffusioni del virus”, ha sottolineato Belay.

Misure di controllo che hanno causato violazioni dei diritti umani

Per contrastare la diffusione della pandemia, in molti stati le direzioni delle carceri hanno adottato provvedimenti pericolosi, come il ricorso eccessivo e arbitrario all’isolamento e alla quarantena, che hanno causato gravi violazioni dei diritti umani, in alcuni casi equivalenti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti. In alcuni stati come l’Argentina e il Regno Unito i detenuti sono stati posti in isolamento per 23 ore al giorno, spesso per settimane o per mesi.

“Occorrono misure di protezione umane per proteggere i prigionieri”, ha ribadito Belay.

Misure di lockdown prese nelle prigioni hanno avuto un impatto sulle visite familiari, mettendo a rischio la salute psicofisica dei detenuti. In alcuni casi questi provvedimenti hanno scatenato proteste e rivolte, spesso sedate ricorrendo all’uso eccessivo della forza.

“Se in alcuni casi le visite familiari sono state mantenute adattando le condizioni alla realtà della pandemia, in altri queste sono state vietate del tutto privando i detenuti di una relazione col mondo esterno e compromettendo la loro salute fisica e psicologica”, ha aggiunto Belay.

Priorità alla vaccinazione delle persone in carcere

Almeno 71 stati hanno adottato piani vaccinali per almeno un gruppo vulnerabile dal punto di vista della salute. Alcuni di essi hanno incluso i detenuti e il personale delle carceri tra le categorie prioritarie per la somministrazione dei vaccini ma molti altri stati – tra cui quelli ad alto reddito – tacciono o non hanno chiarito i dettagli dei piani.

“Le prigioni sono tra i luoghi più a rischio per la diffusione della pandemia da Covid-19 e non è possibile negare per altro tempo il diritto alla salute ai detenuti. La mancanza di chiarezza sui piani vaccinali e sul trattamento delle persone in carcere sta diventando un problema globale e urgente. Se non verrà data priorità alla loro salute, le conseguenze saranno catastrofiche per i detenuti, per le loro famiglie e per i sistemi sanitari pubblici”, ha concluso Belay.

Amnesty International chiede agli stati di non discriminare le persone in carcere nei piani e nelle politiche di vaccinazione, di fare il massimo sforzo perché sia data priorità ai detenuti nel contesto dei piani vaccinali, considerando che la loro condizione non rende possibile il distanziamento fisico, e di assicurare che i detenuti che rischiano particolarmente il contagio (come quelli anziani e coloro che hanno problemi cronici di salute) abbiano la priorità tanto quanto gruppi analoghi di persone presenti tra la popolazione generale.