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Regno Unito, Covid-19: persone anziane abbandonate alla morte nelle case di riposo. Amnesty International denuncia gli errori del governo
Una serie di decisioni governative “incredibilmente irresponsabili” hanno messo in pericolo le vite di decine di migliaia di persone anziane e hanno portato a numerose violazioni dei diritti umani degli ospiti delle strutture residenziali per anziani.
Lo ha dichiarato Amnesty International in un rapporto di 50 pagine, Come se fossero sacrificabili. Il fallimento del governo britannico nel proteggere le persone anziane nelle case di riposo durante la pandemia da Covid-19, frutto di una ricerca condotta dal team di Risposta alle crisi e che mostra che le persone ospiti delle residenze per anziani sono state di fatto abbandonate durante le prime fasi della pandemia.
Tra il 2 marzo e il 12 giugno di quest’anno sono state registrate 28.186 “morti in eccesso” nelle residenze per anziani in Inghilterra di cui oltre 18.500 ufficialmente a causa del Covid-19.
I responsabili e il personale delle residenze per anziani hanno riferito ad Amnesty International del “totale collasso” del sistema nelle prime sei settimane di pandemia: attese per ricevere istruzioni, difficoltà nel procurarsi dispositivi di protezione individuale (Dpi) in quantità sufficiente e mancanza di accesso ai test, nonostante avessero a che fare con pazienti positivi dimessi con urgenza dagli ospedali.
Ancora più scioccante, il 17 marzo, quattro giorni dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva dichiarato il Covid-19 pandemia globale, il governo ha ordinato le dimissioni di 25.000 pazienti, anche di quelli positivi o potenzialmente positivi al Covid-19, e il loro trasferimento dagli ospedali alle case di riposo.
Il 2 aprile, lo stesso giorno in cui l’Oms ha confermato l’esistenza di casi presintomatici di Covid-19, il governo ha confermato la validità delle linee guida per le dimissioni ospedaliere, secondo le quali “non sono richiesti test negativi prima del trasferimento o dell’ammissione nelle case di riposo”.
Molti responsabili delle residenze per persone anziane hanno riferito all’associazione che nelle proprie strutture non c’erano persone positive al Covid-19 fino a quando non hanno ricevuto pazienti dimessi dagli ospedali. Il responsabile di una residenza per anziani nello Yorkshire ha dichiarato:
“In ragione di quanto avevamo visto in Spagna e Italia, abbiamo interrotto le visite il 28 febbraio e ci siamo procurati i Dpi. Non abbiamo avuto casi fino al 28 marzo quando un residente è stato dimesso dall’ospedale con il Covid”.
Queste e altre decisioni prese dal governo hanno determinato la violazione dei diritti umani delle persone anziane ospiti delle strutture residenziali durante la pandemia, in particolare del loro diritto alla vita, alla salute e alla non-discriminazione.
Kate Allen, direttrice di Amnesty International Regno Unito, ha dichiarato:
“Il governo ha preso una serie di decisioni incredibilmente irresponsabili, che hanno causato la morte di persone anziane ospiti nelle strutture residenziali”.
“Dimessi senza aver fatto il test, migliaia di persone anziane sono state mandate nelle residenze, mettendo in pericolo sé stesse, gli altri ospiti e il personale”.
“Il terribile bilancio delle vittime poteva essere completamente evitato, si tratta di uno scandalo enorme”.
“Mentre il paese affronta una seconda ondata di coronavirus, abbiamo urgentemente necessità di un’inchiesta pubblica pienamente indipendente sullo scandalo delle residenze per anziani, in modo tale da trarre degli insegnamenti e proteggere altre vite, prima di perderne ancora”.
Amnesty International ha lanciato una nuova campagna per chiedere un’inchiesta pubblica completamente indipendente sulla pandemia, che preveda una prima fase transitoria che si concentri da subito sugli anziani ospiti delle residenze.
Inoltre, l’organizzazione per i diritti umani chiede al governo di:
L’altissimo rischio di grave malattia e decesso che il Covid-19 presentava per gli anziani è stato noto da subito; i 400.000 ospiti delle case di riposo del Regno Unito erano particolarmente a rischio, dal momento che molti di loro convivono con varie patologie, dipendenza fisica, demenza e fragilità. Eppure nonostante questo il governo non è riuscito a prendere le misure necessarie per proteggerli. Fino al 13 marzo, due giorni dopo la dichiarazione dell’Oms secondo la quale il Covid-19 era diventato una pandemia globale, la sanità pubblica inglese informava che “Attualmente non c’è alcuna necessità di fare nulla in modo diverso in ambito assistenziale”.
Donatella Rovera, alta consulente di Amnesty International per la risposta alla crisi, ha dichiarato:
“È come se gli ospiti delle residenze per anziani fossero stati considerati sacrificabili. Nonostante migliaia di posti letto liberi, sono stati depriorizzati nell’accesso all’assistenza ospedaliera e hanno subito una disposizione generalizzata di ‘Non rianimare’ in assenza di un’appropriata procedura. Tali abusi sono profondamente allarmanti”.
“Per non ripetere gli stessi errori, è fondamentale imparare la lezione e fare in modo che i responsabili di decisioni così disastrose ne rispondano”.
Amnesty International ha ricevuto numerose segnalazioni dell’impossibilità, per ospiti delle residenze per anziani, di accedere ai servizi del sistema sanitario nazionale, incluso ai servizi di medicina generale e ai ricoveri ospedalieri, che sono stati negati durante la pandemia. Il personale delle residenze per anziani e i familiari hanno riferito ad Amnesty International che il trasferimento degli ospiti in ospedale veniva scoraggiato o assolutamente negato.
Il figlio di un ospite di una residenza per anziani deceduto nella Cumbria ha detto che la possibilità di trasferire il padre in ospedale non era stata neanche presa in considerazione:
“Sin dal primo giorno, la residenza aveva asserito con una certa probabilità che si trattava di Covid e che sarebbe morto e non sarebbe stato portato in ospedale. In quel momento, aveva solo tosse. Aveva solo 76 anni ed era in grande forma fisica. Amava uscire e per lui non sarebbe stato un problema andare in ospedale. Mi hanno chiamato dalla struttura e hanno detto che aveva alcuni sintomi, un po’ di tosse e che il medico aveva valutato il da farsi telefonicamente e che non l’avrebbero portato in ospedale. Ho parlato in seguito con il medico di base che mi ha detto che non sarebbe stato portato in ospedale e che gli avrebbero dato della morfina in caso di dolore… è morto una settimana dopo”.
I dati ufficiali mostrano che i ricoveri ospedalieri di ospiti delle residenze per anziani sono diminuiti in maniera notevole durante la pandemia: nei mesi di marzo e aprile del 2020 sono stati 11.800 in meno rispetto agli anni precedenti.
Amnesty ha ricevuto numerose segnalazioni da tutto il paese di medici che si sono rifiutati di entrare nelle residenze per anziani ed erano disponibili solo per consulti telefonici o tramite video chiamata, indipendentemente dai sintomi dell’ospite malato o persino in caso di assistenza di fine vita.
A settembre, un dirigente di un grande gruppo di residenze per anziani ha dichiarato ad Amnesty International:
“La situazione era diversa nelle varie zone del paese ma dall’inizio della pandemia i medici di base e il personale infermieristico dei poli sanitari non sono più venuti nelle nostre strutture. Nemmeno per svolgere le attività essenziali”.
Durante la pandemia, si sono moltiplicate le preoccupazioni in merito all’uso inappropriato dei moduli “Non tentare la rianimazione”. I responsabili delle residenze per anziani hanno riferito all’associazione casi di studi di medici di base locali o di Consorzi di medici di famiglia (Clinical Commissioning Group – Ccg) che hanno richiesto l’inserimento dei modelli Dnar all’interno delle cartelle degli ospiti come metodo generalizzato.
La ricerca di Amnesty International mostra le indicazioni fornite sui modelli Dnar il 23 marzo del 2020 da un gruppo di sei Ccg del Sussex a 35 studi di medicina di base e a 98 residenze per anziani. Il documento indicava a tutte le strutture di: “Verificare quali ospiti all’interno della propria organizzazione fossero sprovvisti di un ordine di rianimazione registrato (sia di ‘non rianimazione’ che di ‘rianimazione’) e di provvedere in maniera adeguata”.
Le istruzioni si riferivano anche ai ricoveri ospedalieri, chiedendo ai medici di base di assicurarsi che “i pazienti che non hanno ancora effettuato la scelta ‘non trasferire in ospedale’ abbiano la priorità nella produzione di una dichiarazione in merito”.
È stato particolarmente difficile per le residenze per anziani avere accesso adeguato ai test per permettere di identificare, gestire e prevenire i contagi da Covid-19 in maniera efficace.
Solo il 7 giugno sono stati messi a disposizione delle residenze per anziani test per tutte le persone di età uguale o superiore ai 65 anni. L’introduzione di test regolari per queste strutture è stata annunciata solo il 6 luglio.
Un responsabile di una casa di riposo di Durham che ha parlato con Amnesty International verso la metà del mese di agosto ha detto che la somministrazione dei test era tutt’altro che adeguata:
“La situazione non era diventata più chiara ma ho cercato di accedere ai test, come tutti. Inizialmente ci siamo sottoposti a test ripetuti… poi a un altro tipo. Sono stati effettuati dei test per il personale e per gli ospiti delle strutture ma non ho idea di cosa succederà nelle prossime settimane”.
Mentre al servizio sanitario nazionale era stato promesso “tutto quello di cui ci sia bisogno, a qualsiasi costo” per gestire l’epidemia di coronavirus, le residenze per anziani sono rimaste abbandonate nella lotta per la ricerca di Dpi. La maggior parte del personale e dei responsabili delle residenze per anziani intervistati dall’associazione hanno riferito di aver avuto serie difficoltà a procurarsi Dpi attraverso i loro fornitori abituali. Alcuni hanno detto che gli era stato riferito che le forniture erano riservate al sistema sanitario nazionale. Il responsabile di una residenza per anziani del Norfolk ha detto:
“[A marzo] abbiamo cercato di ordinare i Dpi. Solitamente, indossiamo grembiuli o guanti alle mani ma ne non avevamo in quantità necessaria. Contattavamo i nostri soliti fornitori, ma ci dicevano “non possiamo darli a voi, sono già ordinati dal servizio sanitario nazionale”.
Trascurare in questo modo i bisogni delle residenze per anziani mette a rischio ospiti e personale, molti dei quali hanno anche già sofferto con alti tassi di contagio ed eccessivi tassi di decessi.
Mentre il contagio da Covid-19 diminuiva durante l’estate, le visite nelle strutture sono riprese secondo determinate modalità ed è diventato più visibile l’effetto devastante dell’isolamento sulla salute fisica e mentale degli anziani sopravvissuti. Le conseguenze sono tragiche per alcuni anziani: riduzione delle funzioni motorie e cognitive, perdita di appetito, depressione e una più generale perdita di volontà e desiderio di vivere.
Un familiare ha descritto il declino di sua madre:
“Non sono riuscito a far visita alla mia povera mamma per sei mesi. È allettata e si trova al primo piano, quindi le visite attraverso la finestra non erano possibili. La sua camera è proprio accanto a un’uscita di emergenza quindi io sarei potuto andare in camera sua senza passare attraverso la struttura ma le “visite in camera” non sono permesse. Mi ha detto [il responsabile] per e-mail “che potrò vederla solo quando starà morendo”.
Gli ospiti delle residenze per anziani non devono essere soggetti a restrizioni generalizzate in merito alla propria vita privata e familiare, fatte salve quelle restrizioni che sono adeguate alle loro specifiche condizioni e basate su valutazioni personalizzate del rischio, che prendono in considerazione gli effetti sulla loro salute fisica e mentale.