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Il 30 gennaio 1972, passato alla storia come ‘Bloody Sunday’, nell’Irlanda del Nord, soldati dell’esercito britannico uccisero 13 manifestanti per i diritti civili e ferirono altre 14 persone, una delle quali morì successivamente. Dopo oltre 38 anni, il 15 giugno 2010, la commissione di inchiesta sulla ‘Bloody Sunday’, presieduta dal Lord della Corte suprema di giustizia, Lord Saville di Newdigate, ha pubblicato le sue conclusioni sugli avvenimenti di quel giorno.
L’inchiesta ha concluso che nessuna persona uccisa o ferita quel giorno fu responsabile per la sparatoria e che tutte erano innocenti. Inoltre nessuna delle persone a cui venne sparato ‘rappresentava una minaccia in grado di provocare morte o gravi lesioni’, nessuna portava armi da fuoco e ‘nessuna aveva lanciato o minacciato di lanciare bombe artigianali o bottiglie molotov contro i soldati’.
Il rapporto conferma che diverse vittime furono colpite alla schiena mentre scappavano; in un caso una persona fu colpita ‘per la seconda volta alla schiena, probabilmente mentre era a terra ferita a morte’. Un’altra vittima fu ferita mentre assisteva suo figlio morto o morente e un’altra fu colpita alla testa e uccisa all’istante, mentre si allontanava da un luogo riparato ‘sventolando un pezzo di stoffa’.
Il rapporto ha concluso che, a parte eccezioni molto limitate, i soldati mirarono a persone che sapevano non rappresentare una minaccia di morte o di lesioni gravi e il più delle volte ‘non spararono per paura e panico’. L’inchiesta ha accertato che i resoconti presentati da molti dei soldati per giustificarsi di aver aperto il fuoco – in cui sostenevano di aver sparato a uomini armati o in procinto di lanciare ordigni – erano manifestamente e deliberatamente falsi. Sono state avanzate critiche anche alle decisioni militari operative assunte dal maggior generale Ford e dal tenente colonnello Wilford.
Le morti e i ferimenti causati quel giorno dai soldati britannici furono, quindi, ‘ingiustificati’ e ‘ingiustificabili’. In risposta alle conclusioni dell’inchiesta, il primo ministro britannico, David Cameron ha chiesto pubblicamente scusa per il comportamento delle forze armate affermando che i risultati dell’inchiesta erano assolutamente chiari e che ciò che accadde durante la ‘Bloody Sunday’ fu sbagliato.
La pubblicazione del rapporto ha anche fermamente screditato il primo Tribunale di inchiesta del 1972 sui fatti, presieduto da Lord Widgery. L’inchiesta Widgery fu fondamentalmente viziata, tra l’altro, dalle incongruenze nel rapporto finale, dal non aver raccolto tutte le prove pertinenti, compresi gli interrogatori di tutte le persone ferite quel giorno, dall’aver interpretato erroneamente le perizie medico-legali e dal non aver esaminato tutti gli aspetti di quanto si verificò in quella giornata.
Il diritto delle vittime e delle loro famiglie a conoscere la verità su quanto accadde durante la ‘Bloody Sunday’ è fondamentale per assicurare loro il diritto a una riparazione; la pubblicazione del rapporto dell’inchiesta Saville ha finalmente permesso che ciò accada. Tuttavia, il diritto alla riparazione, come sancito dal diritto internazionale dei diritti umani, comprende anche l’obbligo per gli stati, laddove appropriato, di intraprendere azioni giudiziarie contro i responsabili delle violazioni. Le conclusioni dell’inchiesta chiariscono che le uccisioni della ‘Bloody Sunday’ furono ingiustificate e, di conseguenza, si dovrà garantire il riconoscimento delle responsabilità per ogni azione illegale commessa da agenti dello stato.
Continuano le sollecitazioni al governo britannico affinché assicuri che tutte le violazioni dei diritti umani commesse in Irlanda del Nord siano oggetto di indagini imparziali, indipendenti ed efficaci. Il governo del Regno Unito deve concentrarsi immediatamente sulle proposte contenute nel rapporto Eames-Bradley, per occuparsi dei casi di violazioni dei diritti umani ancora in sospeso commesse in passato nell’Irlanda del Nord.
Il diritto delle vittime e delle loro famiglie a una verità completa e pubblica sulle violazioni subite e il dovere degli stati a perseguire i responsabili sono essenziali per ottenere giustizia e impedire che gli attori statali e non statali responsabili di tali abusi possano rimanere impuniti.