Regno Unito: la sentenza sugli autisti di Uber è “una vittoria storica per i diritti dei lavoratori”

19 Febbraio 2021

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Salario minimo, ferie pagate, diritto a fondare un sindacato: dopo una battaglia legale durata sei anni, la Corte suprema del Regno Unito ha stabilito che i conducenti di Uber sono lavoratori dipendenti, e non liberi professionisti, e possono quindi rivendicare i loro diritti. 

La sentenza, che respinge il ricorso di Uber, riconosce che “il servizio di trasporto svolto dagli autisti e offerto ai passeggeri tramite l’app della compagnia è strettamente definito e controllato da Uber”. La corte ha inoltre stabilito che i ricorrenti vanno considerati come dipendenti della compagnia dal momento in cui accendono l’app, e non solo quando hanno passeggeri a bordo. 

Tuttavia, la classificazione individuata non tutela ancora appieno questa categoria di lavoratori, che secondo la legge britannica non ha comunque pieno diritto all’indennità di malattia, al congedo di maternità e paternità, e al diritto di non essere ingiustamente licenziati.

Kate Allen, direttrice di Amnesty International Regno Unito, ha dichiarato: Questa sentenza rivoluzionaria è una vittoria per i diritti dei lavoratori e stabilisce un precedente importante verso la trasformazione della gig economy in tutto il Regno Unito e oltre”.

La pandemia ha messo a nudo i rischi connessi a forme precarie di lavoro, evidenziando la necessità di proteggere e rispettare lavoratrici e lavoratori in prima linea che hanno continuato a fornire beni e servizi essenziali. Nessun modello economico dovrebbe mai basarsi su precarietà e sfruttamento“. 

Una battaglia internazionale

Questa sentenza si inserisce in un crescente movimento internazionale a difesa dei diritti dei lavoratori della gig economy, che contesta la loro equiparazione a lavoratori autonomi.

Nel giugno 2020 il governo spagnolo ha annunciato di aver avviato la procedura per ratificare una legge che corregga la classificazione dei lavoratori nelle piattaforme digitali, anche a seguito di diverse contestazioni sul fronte legale.

Ad agosto, una corte d’appello in California ha confermato una sentenza che ordinava a Uber e Lyft di assumere i propri conducenti come dipendenti. Tre mesi dopo però, gli elettori californiani si sono espressi a favore della Proposition 22, esentando di fatto le compagnie digitali dalla nuova legge che estendeva l’obbligo di assunzione come dipendenti per i lavoratori della gig economy.

Altri contenziosi strategici sono stati avviati in diversi paesi, tra cui Brasile, Francia, Italia, Paesi Bassi, e negli stati di New York e Pennsylvania.