Repubblica Centrafricana: crimini di guerra e contro l’umanità

19 Dicembre 2013

Tempo di lettura stimato: 8'

Amnesty International ha presentato oggi le conclusioni preliminari di una missione di ricerca durata due settimane e ha dichiarato che nella Repubblica Centrafricana sono in corso crimini di guerra e contro l’umanità.

L’organizzazione per i diritti umani chiede il rapido dispiegamento di una robusta forza di peacekeeping, dotata di un chiaro mandato relativo alla protezione dei civili e di risorse sufficienti per poterlo eseguire in modo efficace.

‘Le nostre ricerche sul campo nella Repubblica Centrafricana delle ultime due settimane non lasciano dubbi sul fatto che tutte le parti in conflitto stanno commettendo crimini di guerra e contro l’umanità’ – ha dichiarato Christian Mukosa, esperto di Amnesty International sul paese.

‘Questi crimini comprendono esecuzioni extragiudiziali, mutilazioni, distruzione intenzionale di edifici religiosi come le moschee e lo sfollamento forzato di un massiccio numero di persone’ – ha spiegato Mukosa.

La delegazione di Amnesty International, composta da tre persone, ha potuto documentare violazioni e abusi commessi a partire dal 5 dicembre, quando la violenza ha fatto esordio nella capitale Bangui con un attacco all’alba delle milizie anti-balaka.

In alcune zone della capitale, le milizie anti-balaka sono andate di porta in porta fino a uccidere circa 60 musulmani. Le forze del governo di fatto, conosciute come ex-Seleka, hanno eseguito rappresaglie di dimensioni ancora maggiori contro i cristiani, uccidendo circa 1000 uomini in due giorni – tra cui un piccolo numero di donne e bambini – e razziando sistematicamente le abitazioni civili.

Nei giorni successivi, le violazioni dei diritti umani sono proseguite con un’intensità  sconvolgente.

Nonostante la presenza di militari francesi e africani dovrebbe garantire la protezione dei civili, questi sono uccisi selvaggiamente ogni giorno. Le vittime dall’8 dicembre sono state almeno 90, alcune uccise a colpi d’arma da fuoco, altre da facinorosi armate di machete e altre ancora a colpi di pietra.

La completa assenza di giustizia e di meccanismi che chiamino gli autori a rispondere di questi crimini ha dato luogo a una crescente spirale di uccisioni per rappresaglia e ha acuito l’odio e la diffidenza tra le comunità. In totale, 614.000 persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni. Da Bangui sono fuggiti 189.000 abitanti, un quarto della popolazione della capitale.

‘La continua violenza, la massiccia distruzione dei beni e lo sfollamento forzato della popolazione di Bangui stanno alimentando profondi sentimenti di rabbia, ostilità e diffidenza’ – ha sottolineato Mukosa. ‘Non vi sarà alcuna prospettiva della fine del ciclo di violenza fino a quando le milizie non saranno disarmate e le migliaia di civili a rischio non saranno concretamente ed efficacemente protette. I quartieri residenziali devono essere resi sicuri per primi, in modo che gli abitanti possano fare rientro nelle loro case e riprendere la vita normale’.

Ogni processo di disarmo dev’essere accompagnato da efficaci misure di protezione fisica, soprattutto nei centri nevralgici della capitale, i quartieri PK5, Miskine e Combattant. Amnesty International ha ricevuto notizie di attacchi di rappresaglia contro persone che erano state disarmate.

Uno degli aspetti più preoccupanti dell’attuale situazione è la sovrapposizione tra gruppi armati organizzati e gruppi di facinorosi civili. In molti casi, è stato difficile identificare i responsabili delle uccisioni sebbene sia evidente che molti civili, a livello locale, incitino a compiere rappresaglie e, in alcuni casi, vi prendano direttamente parte.

Tanto la comunità cristiana quanto quella musulmana hanno maturato un profondo sentimento di rabbia e disperazione. Molte persone hanno mostrato ai ricercatori di Amnesty International foto e video di massacri ripresi coi loro telefoni cellulari.

Amnesty International ritiene necessario l’invio urgente di altre truppe internazionali per garantire la sicurezza a Bangui e in altre zone della Repubblica Centrafricana.

L’Unione africana ha promesso l’invio di un massimo di 6000 uomini che andranno a far parte della nuova forza di peacekeeping a partire da oggi, 19 dicembre. Questo dispiegamento è particolarmente urgente ma i dettagli non sono stati ancora resi noti.

Amnesty International chiede inoltre alle Nazioni Unite di accelerare i tempi per istituire una commissione d’inchiesta sui crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e le altre gravi violazioni dei diritti umani in corso nella Repubblica Centrafricana.

‘È importante stabilire le responsabilità dei crimini commessi da ogni parte in conflitto e assicurare la fine di decenni di quell’impunità che ha dominato il paese’ – ha commentato Mukosa.

Amnesty International ha ricevuto informazioni attendibili secondo le quali capi delle milizie implicate nella violenza sono direttamente coinvolti negli attacchi e dovrebbero essere portati di fronte alla giustizia.

‘La comunità internazionale ha un importante ruolo da giocare nella Repubblica Centrafricana: deve garantire che le forze di peacekeeping siano dispiegate in tutta fretta e dotate delle risorse necessarie per impedire un bagno di sangue persino peggiore’ – ha concluso Mukosa.

Amnesty International pubblicherà un più esaustivo rapporto all’inizio del 2014, mentre Human Rights Watch pubblica oggi un separato rapporto sull’escalation della violenza settaria e delle atrocità nella provincia di Ouham, nel nord della Repubblica Centrafricana.

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FINE DEL COMUNICATO     Roma, 19 dicembre 2013

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