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Sulla scia degli efferati attacchi del 13 novembre a Parigi, l’Unione europea deve resistere alla tentazione di sigillare le sue frontiere esterne, continuando ad alimentare una serie di violazioni dei diritti umani, senza alcuna utilità per migliorare la sicurezza e fermare l’afflusso di rifugiati disperati. È quanto ha dichiarato oggi Amnesty International in un nuovo rapporto intitolato ‘Paura e recinzioni. Come l’Unione europea tiene lontani i rifugiati‘. L’organizzazione per i diritti umani chiede che siano garantiti canali sicuri e legali verso l’Europa e procedure di controllo eque, efficienti e rigorose che soddisfino i bisogni dei rifugiati in cerca di protezione in Europa e in grado di rispondere alla necessità di individuare le possibili minacce alla sicurezza.
Il rapporto spiega come la progressiva recinzione delle frontiere esterne e l’affidamento del ruolo di ‘piantoni‘ a paesi vicini come la Turchia e il Marocco neghino ai rifugiati l’accesso all’asilo, li espongano a maltrattamenti e costringano le persone a intraprendere pericolosi viaggi in mare. ‘L’aumento delle recinzioni alla frontiera esterna dell’Unione europea è servito solo a consolidare le violazioni dei diritti umani e a rendere più complicato gestire i flussi di rifugiati in maniera umana e ordinata‘ – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. ‘Arrendersi alla paura sulla scia degli efferati attacchi di Parigi non servirà a proteggere nessuno. Le persone in fuga da persecuzioni e conflitti non sono scomparse, né lo è il loro diritto alla protezione. Dopo questa tragedia, la mancata estensione di solidarietà per le persone in cerca di rifugio in Europa, spesso in fuga dallo stesso tipo di violenza, sarebbe una vile abdicazione di responsabilità e una tragica vittoria del terrorismo sull’umanità. Finché ci sarà violenza e guerra, la gente continuerà ad arrivare e l’Europa deve trovare modi migliori per offrire protezione. L’Unione europea e i suoi stati frontalieri in prima linea devono urgentemente ripensare a come poter assicurare percorsi d’accesso legali e sicuri sia alla frontiera esterna terrestre europea che nei paesi di origine e di transito. Ciò può essere realizzato attraverso l’aumento dei posti a disposizione per il reinsediamento, le riunificazioni familiari e il rilascio di visti per motivi umanitari‘ – ha proseguito Dalhuisen.
Così come un altro documento, ‘La crisi europea dei rifugiati: un programma d’azione‘, reso pubblico oggi da Human Rights Watch, il rapporto di Amnesty International presenta una serie di dettagliate raccomandazioni all’Unione europea e ai suoi stati membri affinché l’una e gli altri facciano di più per affrontare la crisi globale dei rifugiati.
L’alto prezzo delle recinzioni della Fortezza Europa
In tutto, gli stati membri dell’Unione europea hanno costruito oltre 235 chilometri di recinzione alla frontiera esterna, con un costo superiore a 175 milioni di euro. Si tratta di:
Piuttosto che impedirne l’arrivo, queste recinzioni hanno ottenuto l’unico risultato di dirigere i flussi di rifugiati lungo altri percorsi terrestri o rotte marittime maggiormente rischiose.
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), nei primi 10 mesi e mezzo del 2015 gli arrivi via mare sono stati 792.883, rispetto ai 280.000 arrivi via terra e via mare registrati nel 2014 da Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. Finora quest’anno 647.581 persone sono arrivate via mare in Grecia: secondo l’Unhcr il 93 per cento di esse proviene dai 10 principali paesi di origine dei rifugiati. Alla data del 10 novembre, circa 3500 persone erano morte nel mar Mediterraneo, 512 delle quali nel mar Egeo.
Respingimenti e altre violazioni dei diritti umani alla frontiera
Persone che avevano cercato di raggiungere la Grecia, la Bulgaria e la Spagna via terra hanno raccontato ad Amnesty International di essere state respinte dalle autorità di frontiera senza avere accesso alla procedura d’asilo o senza poter fare ricorso contro la decisione di rimandarli indietro, in chiara violazione del diritto internazionale. I respingimenti avvengono spesso con violenza e pongono le vite delle persone in pericolo.
Un rifugiato siriano di 31 anni ha descritto un respingimento dalla frontiera terrestre greca verso la Turchia avvenuto nell’aprile 2015: “Ci hanno portato sulla riva del fiume e ci hanno obbligato a inginocchiarci. Era buio, erano circa le 20.30. C’erano altre persone che venivano rimandate in Turchia. Un agente mi ha colpito da dietro, sulla testa e alle gambe, con un bastone di legno. Poi ci hanno portati più vicino alla riva e ci hanno ordinato di stare calmi e non muoverci. Mi hanno preso da parte e poi hanno iniziato a picchiare coi pugni e coi calci. Mi hanno preso per i capelli e trascinato verso l’acqua‘.
Dalle ricerche di Amnesty International è emerso che i respingimenti via terra dalla Grecia verso la Turchia sono un fatto abituale e che le denunce di respingimenti dalla Bulgaria verso la Grecia rimangono costanti.
Nel marzo 2015, la Spagna ha adottato una legge che rende legali i respingimenti di migranti e rifugiati che la Guardia civile effettua da Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole in territorio marocchino. A settembre, l’Ungheria ha istituito zone di transito al confine con la Serbia, per respingere richiedenti asilo verso il territorio serbo dopo procedure accelerate che non prevedono garanzie adeguate.
‘Dove ci sono recinzioni, ci sono violazioni dei diritti umani. I respingimenti illegali di richiedenti asilo sono diventati una caratteristica intrinseca di ogni frontiera esterna dell’Unione europea situata lungo i principali percorsi migratori. Nessuno fa molto per porre fine a questa situazione‘ – ha commentato Dalhuisen. ‘Regolamentare gli ingressi nell’Unione europea è una cosa. Negarlo ai rifugiati è decisamente un’altra cosa. La prima azione è sensata e legittima, la seconda è illegale e inumana e deve cessare‘ – ha ribadito Dalhuisen.
I ‘piantoni’ d’Europa
In un ulteriore tentativo di tenere i rifugiati e i migranti lontano dall’Europa, l’Unione europea e i suoi stati membri stanno sempre più affidando a paesi terzi il ruolo di ‘piantoni’. L’ultima proposta sul tavolo è un piano d’azione congiunto tra Unione europea e Turchia, che impegna quest’ultimo paese a ‘prevenire l’immigrazione irregolare’ e che chiude un occhio sulle violazioni dei diritti umani ai danni dei rifugiati e dei migranti. In Turchia, i migranti e i richiedenti asilo irregolari che vengono intercettati sono trattenuti senza assistenza legale.
Rifugiati provenienti da Siria e Iraq sono stati rimandati indietro, in evidente violazione del diritto internazionale. Molti dei rifugiati che non provengono dalla Siria attendono oltre cinque anni per conoscere l’esito della loro richiesta d’asilo. Le guardie di frontiera del Marocco si rendono complici dei maltrattamenti a coloro che cercano di scavalcare la recinzione che circonda le enclave spagnole, mentre nel paese nordafricano si attende ancora l’attuazione delle riforme del sistema d’asilo.
‘L’Unione europea non dovrebbe affidare il lavoro sporco a stati che non possono o non vogliono rispettare i diritti dei rifugiati e dei migranti. Invece, dovrebbe assisterli nello sviluppo di un sistema d’asilo e d’accoglienza. Questi stati non dovrebbero essere assoldati come manovalanza, nell’evidente disinteresse per le conseguenze a danno dei rifugiati e dei migranti‘ – ha concluso Dalhuisen.
Raccomandazioni all’Unione europea
L’Unione europea potrebbe e dovrebbe attuare una serie di misure realistiche e realizzabili, in grado di rispondere alla crisi globale dei rifugiati e di assicurare protezione alle centinaia di migliaia di persone già arrivate nel suo territorio. ‘La crisi globale dei rifugiati rappresenta una profonda sfida per l’Unione europea ma è lungi dall’essere una minaccia alla sua esistenza. Anzi, gestire percorsi sicuri e legali verso l’Europa contribuirebbe molto all’individuazione di minacce alla sicurezza prima che arrivino. L’Unione europea deve rispondere non con la paura e le recinzioni, ma nel rispetto della migliore tradizione dei valori che pretende di rappresentare‘.
Amnesty International continua a chiedere all’Unione europea e ai suoi stati membri di:
FINE DEL COMUNICATO Roma, 17 novembre 2015
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