Risoluzione Onu sulla Siria, passo positivo ma insufficiente

15 Maggio 2013

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La risoluzione sulla Siria, adottata il 15 maggio 2013 dall’Assemblea generale, è un passo positivo ma insufficiente per fermare l’immensa crisi dei diritti umani e quella umanitaria nel paese.

Il testo, non vincolante, votato da 107 stati membri, incoraggia il Consiglio di sicurezza a ‘considerare misure appropriate’ a garantire che i responsabili delle violazioni dei diritti umani siano chiamati a rispondere delle loro azioni, chiede indagini indipendenti e imparziali su ogni possibile crimine contro l’umanità e crimine di guerra degli ultimi 26 mesi e auspica l’estensione del mandato e un maggiore accesso al paese della Commissione internazionale indipendente sulla Siria.

La risoluzione, inoltre, condanna gli atti di violenza commessi da tutte le parti coinvolte nel conflitto, chiede a queste ultime di porre immediatamente fine alle ostilità e rispettare gli obblighi del diritto internazionale umanitario. Individua, infine, nella transizione dei poteri una soluzione per porre termine all’attuale crisi.

‘Decine di migliaia di persone sono state uccise e milioni stanno subendo le conseguenze del conflitto armato. Ciò nonostante, ci sono voluti oltre due anni perché le Nazioni Unite iniziassero ad affrontare la grave situazione dei diritti umani in Siria’ – ha dichiarato Amnesty International dopo l’approvazione della risoluzione. ‘Adesso, la maggior parte degli stati membri ha assunto una posizione. Questa deve servire come strumento di pressione sul Consiglio di sicurezza affinché adotti le misure necessarie a porre fine all’impunità, soprattutto attraverso il deferimento della situazione siriana alla Corte penale internazionale’.

Amnesty International ha inoltre appreso che il 19 maggio cinque attivisti del Centro siriano per i media e la libertà d’espressione, arrestati nel febbraio 2012, compariranno di fronte al nuovo Tribunale antiterrorismo. I cinque attivisti, tra cui il direttore del centro Mazen Darwish, sono accusati di ‘propaganda di atti di terrorismo’ per il mero fatto di aver svolto attività giornalistiche e azioni in favore dei diritti umani nel corso del conflitto armato.

‘La comunità internazionale deve premere sul governo di al-Assad perché cessi la persecuzione dei difensori dei diritti umani e siano rilasciati tutti i prigionieri di coscienza detenuti solo per aver esercitato i loro diritti alla libertà d’espressione e di riunione’ – ha concluso Amnesty International.