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Intervista a Roy Paci
“Salvagente”, il brano composto da Roy Paci & Aretuska con il rapper Willie Peyote e dedicato
al tema dell’integrazione, ha vinto il Premio Amnesty 2019. Ne parliamo con Roy Paci,
artista eclettico e da sempre vicino ad Amnesty International e alle tematiche dei diritti umani.
Come è nato “Salvagente”?
È un brano che ho iniziato a scrivere durante la produzione globale di “Valelapena”, il mio ultimo album uscito alla fine del 2017. Non ero del tutto convinto del risultato finale, volevo comporre un pezzo sulla stessa tematica ma qualcosa non mi convinceva. A volte è così, la musica deve piacere prima a te che agli altri. Ci ho lavorato talmente tanto che alla fine ho sforato il periodo di produzione, così il brano non è stato neanche incluso nell’album e io ho continuato a pensarci su. Poi una sera mentre ero con un amico, Willie, gliene ho parlato e abbiamo iniziato a lavorarci insieme, in maniera del tutto naturale. Così è venuto fuori questo pezzo. Willie lo conoscevo già perché in passato lo avevo aiutato coi suoi dischi, era un mio fan, veniva ai concerti di Aretuska. Questo brano è venuto fuori con una comunione d’intenti, d’ispirazione legata a tematiche sociali importanti che ci accomunano.
Nel 2015 hai ricevuto da Amnesty International anche un premio per il tuo costante impegno per i diritti umani. Qual è il tuo “salvagente” personale, quello che ti permette di andare avanti nel mondo della musica, tenendo sempre d’occhio quello che succede nel mondo?
Il mio salvagente personale è il mio carapace, quello che mi sono creato ogni giorno sfidando anche realtà difficili e nel contempo abbracciando tutta una serie di elementi umani che sono in giro per il mondo. È la mia protezione, quella che mi sono costruito pian piano nel tempo. È questa corazza che spesso mi ha permesso di abbattere gli steccati con la forza, che mi porto addosso nella musica e nella vita personale.