Rom segregati a scuola, la Corte europea condanna l’Ungheria

31 Gennaio 2013

Tempo di lettura stimato: 5'

Il 29 gennaio 2013 la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che l’Ungheria ha violato la Convenzione europea sui diritti umani segregando bambini rom in scuole speciali.

La sentenza è arrivata al termine di una battaglia legale intrapresa nel 2006 da due giovani ungheresi, István Horváth e András Kiss, che erano stati obbligati a frequentare una scuola speciale per alunni con ‘disabilità mentale’. I due ricorrenti erano rappresentati dalla Fondazione Cambiare per i bambini e dal Centro europeo per i diritti dei rom.

‘Uno pensa che impartire l’educazione ai  bambini nelle scuole speciali solo a causa della loro etnia sarebbe inimmaginabile in Europa nel 2013. Invece è qualcosa che accade spesso. L’educazione speciale è un vicolo cieco. I governi devono rendersi conto che fino a quando esisteranno sistemi educativi paralleli basati sulla razza, ai bambini e alle bambine rom saranno negate le loro opportunità’.

Nella sua sentenza, la Corte ha sottolineato che i due ricorrenti ‘erano isolati dai bambini e dalla popolazione nel suo complesso’ e che l’istruzione ricevuta ‘ha peggiorato le loro difficoltà e compromesso il loro sviluppo, invece di aiutarli a integrarsi nelle scuole ordinarie e sviluppare le capacità che avrebbero facilitato la loro vita tra la maggioranza della popolazione’.

La Corte non ha mancato di rilevare che in passato i bambini e le bambine rom erano presenti in percentuale eccessiva nelle scuole speciali, a causa di sistematiche errate diagnosi sulla presunta disabilità mentale, basate su test antiquati e viziati da pregiudizi culturali.

L’Ungheria, ha ricordato la Corte, ‘ha lo specifico obbligo positivo di evitare il perpetuarsi della discriminazione del passato o di pratiche discriminatorie che si celano in test presuntamente neutrali’.

Infine la Corte ha evidenziato che il problema della segregazione dei bimbi rom nelle scuole speciali ha una lunga storia nel continente europeo e ha condiviso ‘l’inquietudine delle altre istituzioni del Consiglio d’Europa, preoccupate per i programmi scolastici più basici seguiti in quelle scuole e, soprattutto, per la segregazione che tale sistema genera’.

Quella della Corte è solo l’ultima di una serie di sentenze emesse da organi di giustizia internazionali e nazionali nei confronti di vari paesi (tra cui Repubblica ceca, Grecia, Croazia e Slovacchia), che indicano la necessità di misure urgenti.

Nel dicembre 2012, nel caso Sampani e altri contro la Grecia, la Corte europea aveva stabilito che le autorità elleniche si erano rese responsabili di discriminazione non integrando nelle scuole ordinarie i bambini e le bambine rom di un quartiere del comune di Aspropyrgos. Sullo stesso tema, la Corte aveva condannato la Grecia nel 2008.

A causa della mancata attuazione di una sentenza della Corte europea del 2007, nella Repubblica ceca accade ancora di frequente che i bambini e le bambine rom siano inseriti in scuole di attività pratiche e in classi per alunni con ‘disabilità mentale’, in cui viene impartita un’istruzione di bassa qualità. Migliaia di altri bambini e bambine rom sono segregati in scuole e classi per soli rom.

‘La segregazione scolastica’ – ha commentato Fotis Filippou, coordinatore delle campagne di Amnesty International sull’Europa e l’Asia centrale –  ‘è il risultato di un diffuso pregiudizio e di una discriminazione che affonda le radici nella storia. L’apartheid educativo non solo ha un effetto disastroso sul futuro dei bambini e delle bambine rom, ma alimenta il razzismo e l’intolleranza nei loro confronti. È un male per tutta la società’.

‘La sentenza della Corte è un ulteriore campanello d’allarme per i governi europei. Non c’è tempo da perdere. Occorre finirla di condannare migliaia di bambini e bambine rom a una vita di povertà, emarginazione ed esclusione’ – ha concluso Filippou.