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Per la prima volta, il 27 giugno 2018, la Corte suprema russa in sessione plenaria ha deciso di fornire linee guida sui procedimenti amministrativi riguardanti la libertà di manifestazione.
La sentenza comprende una serie di positive raccomandazioni ai tribunali inferiori, tra cui quella di limitare il ricorso alla detenzione amministrativa – oggi la regola nei confronti dei manifestanti pacifici – ai casi eccezionali.
La sentenza, inoltre, stabilisce che la richiesta delle autorità di modificare data e luogo delle manifestazioni dev’essere realistica e che data e luogo alternativi dovrebbero rispettare gli scopi legittimi dei raduni. Inoltre, chiarisce che obbligare gli impiegati a partecipare alle proteste può costituire un reato penale.
Altri aspetti della sentenza della Corte suprema non sono da apprezzare, come ad esempio la proposta che le riunioni in luoghi privati siano comunque soggette all’autorizzazione delle autorità e che le proteste individuali recanti lo stesso messaggio debbano essere considerate come raduni pubblici.
“Speriamo che questa sentenza, attesa da tempo, potrà garantire a coloro che manifestano pacificamente in Russia la protezione di cui hanno grande bisogno. Molto importante è l’indicazione di ridurre il ricorso agli arresti e alle detenzioni amministrative. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo documentato numerosi casi di negazione del diritto fondamentale di manifestare in modo pacifico”.
Lo ha dichiarato la ricercatrice di Amnesty International sulla Russia Anastasia Kovalevskaya.
“La sentenza della Corte suprema“, ha proseguito Anastasia Kovalevskaya, “non produrrà alcun cambiamento se non sarà applicata. Inoltre, si tratta solo di una mezza misura, dato che occorre ben altro per portare la legislazione russa in materia di raduni pubblici in linea con le norme e gli standard del diritto internazionale”.
“Continuiamo a chiedere alle autorità russe di porre fine a tutte le misure che limitano i raduni pubblici e di smetterla di considerare la libertà di manifestazione come un privilegio che esse possono concedere o negare alla popolazione russa”.