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Il 25 gennaio un tribunale di Mosca ha approvato la richiesta del ministero della Giustizia di chiudere il Gruppo Helsinki Mosca, un’organizzazione per i diritti umani fondata nel 1976 ai tempi dell’Unione sovietica.
La richiesta del ministero della Giustizia si era basata su un certo numero di asserite “violazioni”, come ad esempio la partecipazione di esponenti dell’organizzazione a iniziative al di fuori della capitale, dunque in presunta violazione dei limiti previsti dal suo statuto.
La sospensione delle attività e la chiusura involontaria di un’organizzazione sono tra le più gravi restrizioni al diritto alla libertà di associazione, protetto dall’articolo 22 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.
“La Russia sta rapidamente precipitando in una crisi dei diritti umani: il disprezzo compulsivo per i diritti umani e per coloro che li promuovono è diventato una politica di stato” ha dichiarato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale.
“E pensare che nel 2017 il presidente Putin aveva visitato la sede del Gruppo Helsinki di Mosca per tributare omaggio alla sua presidente, Ludmila Alekseeva, un’icona della dissidenza sovietica, e si era anche recato, nel 2018, a deporre fiori al suo funerale”, ha concluso Struthers.