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Lo scambio di prigionieri avvenuto il 17 dicembre 2014 tra Usa e Cuba rappresenta la migliore opportunità, da oltre mezzo secolo a questa parte, per forgiare un’agenda per il cambiamento nel campo dei diritti umani nel contesto della normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Hanno beneficiato del rilascio Alan Gross, un presunto operatore umanitario statunitense detenuto a Cuba negli ultimi cinque anni con l’accusa di spionaggio, e tre dei restanti ‘cinque cubani’ detenuti negli Usa dal 1998 con la medesima accusa.
‘Lo scambio di prigionieri è un evento molto positivo nella lunga attesa di un miglioramento delle relazioni tra Usa e Cuba, dopo oltre 50 anni di rapporti tesi, sanzioni e accuse reciproche. Gli sforzi per cambiare in meglio le relazioni politiche e diplomatiche devono ora andare di pari passo con un cambiamento storico nella situazione dei diritti umani a Cuba’ – ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.
‘Se l’embargo statunitense contro Cuba, col suo impatto negativo sui diritti economici e sociali dei cubani, verrà abolito nell’ambito della normalizzazione dei rapporti tra i due paesi, ciò significherà che Cuba non potrà più usare l’argomento delle sanzioni per venir meno ai suoi obblighi internazionali sui diritti umani’ – ha aggiunto Guevara Rosas.
Per anni, Amnesty International ha svolto una campagna in favore dei ‘cinque cubani’ sostenendo che essi non avessero ricevuto un processo equo a Miami, Florida e criticando le autorità statunitensi per non aver concesso il visto ad alcune delle mogli dei detenuti. I tre cittadini cubani rilasciati il 17 dicembre sono Gerardo Hernández, Antonio Guerrero e Ramón Labañino. René González e Fernando González erano stati rilasciati in precedenza.
‘Questi tre rilasci, dopo oltre un decennio di detenzione negli Usa a seguito di un procedimento non all’altezza degli standard internazionali sul giusto processo, costituiscono un immenso sollievo per i tre uomini e le loro famiglie. Le preoccupazioni espresse da Amnesty International e da altri organismi per i diritti umani avrebbero dovuto spingere le autorità statunitensi a emettere un provvedimento di clemenza già anni fa’ – ha concluso Guevara Rosas.