Photo by ROSLAN RAHMAN/AFP via Getty Images
Tempo di lettura stimato: 3'
È stata eseguita questa mattina a Singapore la condanna a morte di Tangaraju Suppiah, giudicato colpevole di aver collaborato al traffico di un chilo e diciassette grammi di cannabis. Si è trattato della dodicesima impiccagione dal marzo 2022.
“Questa esecuzione illegale e arbitraria, date le molte irregolarità riscontrate nel procedimento giudiziario, mostra ancora una volta quanto Singapore si ostini a usare la pena di morte”, ha dichiarato Ming Yu Hah, vicedirettore di Amnesty International per l’Asia.
“Le norme sulla droga vigenti a Singapore, fortemente repressive, prevedono anche l’obbligatorietà della pena di morte: i giudici non possono prendere in considerazione eventuali attenuanti, come le circostanze del reato, la condizione dell’imputato e altri fattori importanti. Il vicino di Singapore, la Malesia, sta rinunciando a tutto questo in favore della protezione della vita umana”, ha aggiunto Hah.
“Queste norme non contrastano l’uso e la disponibilità della droga, né e proteggono efficacemente dai danni causati da tali sostanze. Singapore deve tener conto della crescente tendenza globale a rinunciare alla pena di morte e dichiarare in primo luogo una moratoria sulle esecuzioni”, ha concluso Hah.
Nel 2013 Suppiah era stato accusato di essersi messo d’accordo con due uomini per introdurre il quantitativo di cannabis sull’isola. La condanna si era basata essenzialmente sulle dichiarazioni rese durante l’interrogatorio, in assenza di un avvocato e di un interprete, e su quelle dei due co-imputati, presentati come testimoni dell’accusa.
Uno dei due uomini era stato poi prosciolto mentre non era mai stato rintracciato un quarto uomo che avrebbe dovuto confermare le loro testimonianze.
Dal 2013, a seguito di emendamenti alla Legge sulla droga, i giudici hanno un limitato potere discrezionale nel decidere la condanna, qualora l’imputato si sia limitato a fare il “corriere”, se abbia collaborato alle indagini o se le sue condizioni di salute mentale siano tali da non renderlo consapevole delle sue azioni o delle sue omissioni in relazione al reato che gli è contestato.
Se la procura non conferma l’avvenuta collaborazione, il giudice perde il potere discrezionale e deve emettere una condanna a morte: di fatto, quindi, la sentenza è nella mani della procura.
Dal marzo 2022 a Singapore hanno avuto luogo 12 impiccagioni.