Siria: attraverso le immagini satellitari di Amnesty International, da un anno all’altro la devastazione di Aleppo

6 Agosto 2013

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‘Tutta la mia famiglia allargata viveva qui, avevamo 10 case. Mia madre è rimasta gravemente ferita e ora è ricoverata in un ospedale in Turchia. Non sa che i suoi figli sono morti. A mio zio, Mohamed Ali, sono morti 27 parenti. Ha perso la testa, non ricorda più nulla. Vaga per il paese. Chiunque è sopravvissuto è andato da parenti o amici altrove. Qui sono rimaste solo macerie…’
(Hussein al-Saghir, 15 anni. Ha perso 16 parenti in un attacco missilistico contro il quartiere di Jabal Badro, il 18 febbraio 2013)

 

Yousef, 7 anni; Mohammed, 5 anni; Ali, 2 anni; Hamza, 12 anni: Zahra, 10 anni; Husna, 8 anni: Fatima, 10 anni; Ahmad, 7 anni; Abdel Karim, 2 anni; Hassan, 18 mesi… Perché hanno bombardato qui? C’erano solo civili. Il nostro quartiere era pieno di vita, i bambini giocavano ovunque. Ora siamo tutti morti, anche chi è rimasto vivo è morto dentro, siamo tutti sepolti sotto queste macerie.’
(Sara al-Wawi. Ha perso 20 parenti in un attacco aereo contro il quartiere di al-Marje il 18 marzo 2013)

 

Le nuove immagini satellitari di Aleppo, diffuse oggi, costituiscono la più recente prova di quanto il prolungato conflitto in corso in Siria abbia provocato massicce violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione civile, che sta pagando il prezzo dell’escalation di violenza, degli sfollamenti e della crisi umanitaria.

Una delle più complete analisi contemporanee di immagini satellitari riguardanti un conflitto in corso mostra il modo allarmante con cui si stiano sviluppando i combattimenti e rivela come il profondo disprezzo per il diritto internazionale umanitario stia causando vaste distruzioni, morti e sfollamenti. L’analisi è stata realizzata dall’American Association for the Advancement of Science (Aaas) in collaborazione col programma Scienza per i diritti umani di Amnesty International.

La devastazione rivelata dalle immagini è stata confermata dal campo da Donatella Rovera, consulente speciale per la risposta alle crisi di Amnesty International, rientrata da Aleppo il mese scorso.

‘Aleppo è profondamente devastata, la sua popolazione fugge in massa dal conflitto’ – ha dichiarato Rovera, che ha trascorso lunghi periodi di tempo in Siria per svolgere indagini sulle violazioni dei diritti umani.

Un anno fa, il 6 agosto 2012, Amnesty International  aveva diffuso immagini satellitari di Aleppo e dei suoi dintorni. I combattimenti si stavano intensificando ed era annunciata un’offensiva delle forze governative. L’organizzazione aveva avvisato che la popolazione civile aleppina correva gravi rischi e aveva chiesto a tutte le parti di rispettare rigorosamente il diritto internazionale umanitario.

Documentando i vasti danni alle infrastrutture subiti da allora dalla città di Aleppo, la nuova analisi condotta dall’Aaas lascia pochi dubbi sul motivo principale della fuga di metà della popolazione: una campagna di bombardamenti aerei indiscriminati da parte delle forze governative, che ha ridotto in macerie intere zone della città e ucciso e ferito un numero incalcolabile di civili.

Comparando, ad esempio, le immagini dei quartieri devastati da tre attacchi missilistici lanciati dalle forze del governo tra il 18 e il 22 febbraio 2013, si capisce bene il costo umano delle tattiche impiegate dalle parti in conflitto. Questi tre attacchi, da soli, hanno ucciso più di 160 abitanti e causato centinaia di feriti, oltre a distruggere decine di abitazioni, lasciando senzatetto centinaia di persone.

L’analisi di sette nuove immagini lungo un arco di tempo di nove mesi (da settembre 2012 alla fine di maggio 2013) rappresenta a oggi la più completa illustrazione dei danni materiali inflitti alla principale città della Siria. Oltre alla distruzione delle infrastrutture, l’analisi documenta ampi danni al Suq al-Madina e alla Città vecchia (patrimonio dell’umanità dell’Unesco), così come la distruzione della Grande moschea. In base al diritto internazionale umanitario, le parti in conflitto sono obbligate a rispettare e preservare i beni culturali.

Le forze governative bombardano indiscriminatamente e incessantemente aree sotto il controllo dell’opposizione in tutta la Siria: i civili sono i bersagli finali di questi attacchi e al contempo subiscono abusi da parte di alcuni gruppi dell’opposizione. Le immagini di Aleppo mostrano le distruzioni materiali prodotte dai sistematici bombardamenti. Secondo l’Aaas, quelle immagini suggeriscono che la distruzione della città sia stata ‘fortemente asimmetrica’ verso i quartieri controllati dall’opposizione.

L’analisi ha messo in evidenza centinaia di edifici danneggiati o distrutti e ha seguito il proliferare di posti di blocco, oltre un migliaio in un’immagine del maggio 2013.

‘I rischi da cui avevamo messo in guardia un anno fa, su quali terribili conseguenze avrebbe causato ridurre la più grande città della Siria a un campo di battaglia, sono diventati realtà. Aleppo è stata profondamente devastata, molti dei suoi abitanti sono fuggiti dai bombardamenti e molti altri sono rimasti intrappolati in una città sotto tiro e sotto assedio, in condizioni umanitarie disperate’ – ha commentato Rovera.

Christoph Koettl, direttore delle risposte di emergenza di Amnesty International Usa, che guidò il progetto delle immagini satellitari nel 2012, ha dichiarato: ‘Le gravi violazioni del diritto internazionale ad Aleppo e altrove sono la diretta conseguenza della paralisi e del ritardo della comunità internazionale nel condannare questi crimini e deferire la situazione della Siria alla Corte penale internazionale. Le immagini sono istantanee di una popolazione sottoposta a un assedio brutale, come la ricercatrice di Amnesty International sul campo documenta da tempo’.

Nel periodo preso in esame, l’analisi dell’Aaas identifica un andamento pressoché costante della distruzione delle infrastrutture di Aleppo, tra cui aree residenziali, luoghi di culto, esercizi commerciali e siti industriali. Con l’intensificarsi dei bombardamenti e degli altri attacchi, il numero degli sfollati è via via aumentato.

Quasi sei milioni di siriani sono stati costretti a lasciare le loro case per colpa dell’escalation di violenza: molti di essi, 4.250.000, sono in Siria. Decine di migliaia di profughi interni hanno trovato riparo in campi improvvisati sorti nei pressi del confine con la Turchia da quando, nell’autunno 2012, questo paese ha di fatto chiuso le sue frontiere ai rifugiati siriani. Amnesty International ha recentemente diffuso immagini satellitari che documentano l’emergenza e l’aumento di questi campi.

Molti di questi profughi interni, specialmente nelle aree controllate dall’opposizione, ricevono pochi aiuti internazionali o non ne ricevono affatto, da un lato a causa della situazione di pericolo e delle difficoltà di accesso dall’altro per via delle limitazioni di movimento imposte dal governo siriano alle agenzie umanitarie internazionali. Le agenzie delle Nazioni Unite hanno sollecitato il governo di Damasco a consentire l’accesso alle zone controllate dall’opposizione, dove i profughi interni hanno maggiore bisogno di assistenza e dove le loro vite sono ancora più a rischio a causa degli incessanti e indiscriminati bombardamenti delle forze governative.

Insieme alle ricerche condotte sul campo da Amnesty International e ai video diffusi dagli abitanti, le immagini satellitari vanno ad aggiungersi alle crescenti prove di possibili crimini di guerra nel corso del conflitto siriano. Amnesty International ha più volte chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di deferire la situazione della Siria al procuratore della Corte penale internazionale, in modo da inviare alle parti in conflitto l’inequivocabile segnale che chiunque abbia ordinato o commesso crimini di guerra o crimini contro l’umanità finirebbe per essere chiamato a risponderne.

Sulle autorità siriane dev’essere esercitata una pressione coordinata ed efficace, affinché le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie internazionali possano avere pieno accesso ai profughi interni e ad altre persone in stato di necessità in tutto il paese e possano attraversare le frontiere verso altri paesi o la linea interna del fronte. Analoga pressione dev’essere esercitata sui gruppi armati di opposizione, affinché non ostacolino le operazioni di soccorso nelle aree sotto il loro controllo.

Allo stesso tempo, nel rispetto degli obblighi internazionali, tutti i paesi confinanti devono tenere sempre aperti i confini per chi fugge dalla Siria. La comunità internazionale, in particolare l’Unione europea e i suoi stati membri, deve impegnarsi a condividere le responsabilità verso i rifugiati siriani in modo concreto e tangibile, ad esempio, reinsediando un numero assai maggiore di rifugiati siriani e fornendo immediato sostegno tecnico e finanziario ai paesi che confinano con la Siria, che ospitano la stragrande maggioranza delle persone fuggite dalla violenza.

Guarda tutte le immagini satellitari

FINE DEL COMUNICATO                       7 agosto 2013

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