Siria: un soldato dichiara di aver avuto l’ordine di sparare contro pacifici manifestanti

9 Giugno 2011

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Un ex soldato della Guardia repubblicana siriana ha raccontato ad Amnesty International che a lui e ad altri militari venne ordinato di aprire il fuoco contro persone disarmate che stavano prendendo parte a una manifestazione ad Harasta, nei pressi della capitale Damasco, il 23 aprile.

Walid ‘Abd al-Karim al-Qash’ami, 21 anni, ha appreso di essere stato condannato a morte per essersi rifiutato di sparare ed essersi unito ai manifestanti, dopo aver visto i soldati uccidere tre bambini, un uomo e una donna.

Parlando al telefono dal paese dove si è rifugiato, Walid al-Qash’ami ha riferito che faceva parte di un battaglione di 250 soldati inviato a sedare le proteste ad Harasta. Gli ufficiali gli dissero che dovevano affrontare una ‘banda di violenti’ ma ciò che si trovarono di fronte fu una folla di 2000 persone disarmate, compresi donne e bambini, con delle rose in mano. Molti dei manifestanti erano a petto nudo, per dimostrare che non nascondevano armi.

Rimasi scioccato quando vidi i servizi di sicurezza e l’esercito aprire il fuoco contro persone inermi che cantavano ‘Silmieh! Silmieh!’ (pacifico, pacifico) e ‘Nafdiki Ya Dera’a’ (le nostre vite per te, Dera’a). Sentivo quegli slogan e non potevo sparare, anche perché io sono di Dera’a e loro stavano rischiando la vita per la mia città‘.

I soldati erano armati con fucili kalashnikov e avevano delle carte d’identità di metallo, che si usano solitamente in tempo di guerra. Era stato ordinato loro di indossare le uniformi delle ‘Unità antiterrorismo’.

I manifestanti si trovavano in una stradina che porta alla principale piazza del paese. Quando Walid al-Qash’ami arrivò sul posto, le forze di sicurezza avevano già chiuso uno dei lati e avevano iniziato a sparare. Fu a quel punto che al-Qash’ami vide morire i tre bambini, l’uomo e la donna.

Uno dei tre bambini venne colpito alla testa da un proiettile sparato da un soldato che era proprio di fronte a me. Lo sentii dire che gli aveva sparato perché si era stufato di sentirlo piangere’.

Walid al-Qash’ami e altri cinque soldati rifiutarono di aprire il fuoco, misero giù le armi e cercarono riparo tra i manifestanti.

A quel punto, gli uomini si frapposero tra noi e gli altri soldati, le donne ci circondarono e ci portarono nelle case vicine‘. Poi i soldati disertori vennero aiutati a lasciare Harasta.

Non potevo tornare a Dera’a perché c’era il coprifuoco. Allora mi sono spostato di città in città, vestito da donna e coperto da un niqab‘.

Mentre era in fuga, Walid al-Qash’ami ricevette una telefonata da parte di un parente colonnello che gli intimò di rientrare nei ranghi. Telefonò anche la moglie del colonnello, assicurando che l’esercito gli avrebbe dato una grossa somma di denaro se fosse ritornato e non avesse denunciato ciò che aveva visto.

Non l’ho fatto per i soldi o per la gloria, l’ho fatto per la verità‘ – ha detto Walid al-Qash’ami. Il soldato si è deciso a lasciare la Siria quando ha appreso da un parente che una corte marziale lo aveva condannato a morte in contumacia.

Prima di fuggire, ho registrato la mia testimonianza su You Tube, perché venisse trasmessa nel caso in cui mi avessero arrestato o ucciso‘.

Walid al-Qash’ami è ora rifugiato, insieme ad altri siriani fuggiti da Dera’a, la città meridionale al centro delle proteste.

Il servizio militare in Siria è obbligatorio. I disertori rischiano l’ergastolo o anche la condanna a morte.

Walid al-Qash’ami è il secondo soldato siriano ad aver raccontato ad Amnesty International di aver disertato e di essere fuggito quando gli fu ordinato di sparare contro manifestanti disarmati.

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