Siriani sotto attacco

31 Luglio 2012

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L’attacco contro Aleppo, che pone sempre di più la popolazione civile a rischio, è il prevedibile sviluppo di quel modello di violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza in tutto il paese‘.

Donatella Rovera di Amnesty International è di recente tornata da un lunga missione di ricerca in Siria, dove ha assistito in prima persona a numerose violazioni dei diritti umani commesse dalle forze governative.

L’assalto che le forze fedeli al governo siriano stanno lanciando contro la città di Aleppo è il culmine di mesi di brutale repressione contro le voci dissidenti. 

Assistite dalle famigerate milizie shabiha, le forze governative hanno aperto il fuoco contro le manifestazioni pacifiche, uccidendo e ferendo coloro che partecipavano o semplicemente assistevano alle proteste, bambini compresi. 

L’intensificarsi della repressione ha colpito gli attivisti che hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati minacciati e aggrediti; altri sono stati arrestati e da allora non si è saputo più nulla di loro. Anche i medici e gli infermieri che prestavano soccorso ai feriti sono stati presi di mira. Il 24 giugno sono stati ritrovati i corpi carbonizzati e mutilati di tre medici, che facevano parte di una rete volontaria di assistenza medica ai manifestanti feriti e che erano stati arrestati la settimana prima.

Mentre i combattimenti tra le forze governative e l’opposizione ad Aleppo, come in altre aree della Siria, diventano sempre più intensi e aumentano le denunce di abusi commessi dall’opposizione armata, la popolazione è esposta a rischi gravissimi. A migliaia stanno abbandonando le loro case, unendosi agli oltre 100.000 rifugiati dell’ultimo anno.

Nonostante l’escalation di violenza, la comunità internazionale è paralizzata tra misure inefficaci – come la Missione di supervisione dell’Onu – e i veti del Consiglio di sicurezza.

Nel frattempo donne, uomini e bambini in Siria vengono abbandonati al loro destino.

Per questo Amnesty International continua a chiedere al Consiglio di sicurezza di agire per fermare questo spargimento di sangue, garantendo una reale presenza di osservatori in Siria, deferendo la situazione del paese alla Corte penale internazionale e fermando l’afflusso di armi al governo di Damasco e ai gruppi dell’opposizione armata.

 

Leggi il rapporto in inglese ‘Syria: All-out repression. Purging dissent in Aleppo’

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