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Dopo settimane di ipotesi su un cambio nelle politiche, il 4 dicembre il Dipartimento della Difesa statunitense ha pubblicato un comunicato stampa che annuncia il “ricollocamento”, da parte del Comando militare Usa in Africa (Africom), “della maggioranza del personale e delle attività fuori dalla Somalia entro l’inizio del 2021”.
Le forze militari statunitensi non devono però ignorare i loro impegni giuridici internazionali nei confronti delle vittime civili dei loro attacchi aerei in Somalia.
Il ritiro delle truppe terrestri non indica necessariamente la conclusione dell’azione militare statunitense in Somalia, azione che ha comportato decine di attacchi aerei ogni anno, molti dei quali partiti da basi fuori dal territorio somalo. Una precedente ricerca di Amnesty International aveva mostrato come queste incursioni abbiano più volte causato decessi e feriti tra i civili, anche in conseguenza di attacchi che costituiscono possibili violazioni del diritto umanitario internazionale.
“Indipendentemente dal fatto che le truppe terrestri statunitensi lascino o meno la Somalia, l’Africom deve immediatamente attuare una strategia per garantire che non vengano dispersi tutti i progressi fatti nel riconoscimento delle responsabilità statunitensi durante le azioni militari, il che include anche la produzione di rapporti sulle accuse di vittime civili”, ha dichiarato Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale.
“A prescindere dalla presenza o meno di truppe sul campo, l’Africom deve ancora assicurare giustizia e riparazione per le vittime civili delle violazioni del diritto umanitario internazionale e per i loro familiari. Inoltre, in caso di ulteriori attacchi aerei, l’Africom deve garantire l’adozione di ogni possibile precauzione per risparmiare i civili”, ha proseguito Deprose Muchena.
Dall’inizio della presidenza Trump nel 2017, l’Africom ha intensificato la sua guerra aerea in Somalia, conducendo un totale di 196 attacchi aerei, utilizzando sia droni che velivoli dotati di equipaggio. Secondo la Ong Airwars, sono ci sono stati 38 attacchi nel 2017, 48 nel 2018, 61 nel 2019 e 49 quest’anno fino ad oggi.
Amnesty International ha esaminato nove attacchi statunitensi nelle regioni del Basso Shabelle, Galgudud e Medio Juba dal 2017 e ha scoperto che 21 civili sono rimasti uccisi e 11 feriti – molti di loro in seguito a presunte violazioni del diritto umanitario internazionale.
Oltre alle vittime civili di questi attacchi, il conflitto nel suo complesso – conflitto in cui il gruppo armato al-Shabaab rappresenta una minaccia costante per i civili – ha causato la morte di migliaia di civili e lo sfollamento di centinaia di migliaia. Secondo le Nazioni Unite, quest’anno sono almeno 295.000 le persone che hanno lasciato il Basso Shabelle, molte delle quali sono scappate da guerra e insicurezza.
La maggior parte è finita in campi per sfollati interni, a Mogadiscio o nelle sue vicinanze, dove è a rischio di sfruttamento, abusi e violenza sessuale. Donne e bambini sono particolarmente a rischio di violenze, emarginazione ed esclusione.
Da aprile 2019, dopo le indagini e il lavoro di pressione da parte di Amnesty International, l’Africom ha ammesso di aver ucciso cinque civili somali e averne feriti altri otto in quattro diversi attacchi aerei. Nessuno tra familiari e vittime ha ricevuto un risarcimento dal governo statunitense o da quello somalo.
Poi, ad aprile del 2020, l’Africom ha pubblicato i suoi primi rapporti trimestrali sulle vittime civili, il primo accenno di trasparenza in oltre dieci anni di operazioni militari condotte in Somalia.
“Queste apprezzabili iniziative mostrano che, dinanzi a segnalazioni attendibili su fatti reali che confermano quanto i familiari delle vittime hanno a lungo sostenuto, l’Africom è in grado di svolgere indagini e documentare le vittime civili. Adesso, il governo statunitense deve intraprendere nuove azioni e assicurare che le vittime delle violazioni e le loro famiglie abbiano giustizia e riparazione”, ha aggiunto Deprose Muchena.
“Il ritiro delle truppe non deve far perdere la rotta. Il concetto ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’ non esiste nel diritto internazionale e l’Africom continua ad avere un obbligo di assistenza nei confronti dei civili colpiti dalle sue operazioni”, ha concluso Deprose Muchena.