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‘Immagina, quasi ogni giorno gli agenti di polizia ti fermano, ti chiedono i documenti, diventano furiosi e t’insultano. Fanno così quando non hai i documenti, ma anche quando ce l’hai. Lo fanno per il colore della tua pelle.’
(Associazione dei migranti privi di documenti, Madrid)
Le autorità spagnole devono interrompere la pratica dei controlli selettivi d’identità, da parte della polizia, basati sulle caratteristiche etniche o razziali delle persone fermate.
È questa la richiesta fatta oggi da Amnesty International, durante la presentazione del suo rapporto ‘Fermate il razzismo, non le persone. Profilazione razziale e controllo dell’immigrazione in Spagna‘, in cui l’organizzazione per i diritti umani denuncia quanto siano realmente diffusi i controlli d’identità basati su caratteristiche etniche o razziali e descrive le conseguenze che ne derivano per le minoranze etniche.
‘Le persone che non ‘sembrano spagnole’ possono essere fermate dalla polizia anche quattro volte al giorno per controlli d’identità, di giorno o di notte, in qualsiasi luogo o situazione. Si tratta di una pratica illegale in base al diritto internazionale dei diritti umani’ – ha dichiarato Izza Leghtas, ricercatrice sulla Spagna di Amnesty International.
‘Una pratica che colpisce sia i cittadini stranieri sia i cittadini spagnoli che fanno parte delle minoranze etniche. Non solo è discriminatoria e illegale, ma alimenta anche il pregiudizio, in quanto chi assiste a questi controlli presume che le persone fermate siano coinvolte in attività criminali’ – ha spiegato Leghtas.
Secondo la legge spagnola, la polizia può controllare l’identità delle persone in luoghi pubblici quando ci siano preoccupazioni legate alla sicurezza, per esempio quando in una determinata zona sia stato commesso un reato. Le ricerche di Amnesty International, tuttavia, hanno rivelato quanto siano diffusi tali controlli nei confronti degli stranieri in assenza di qualsiasi problema di sicurezza.
Ad alcune stazioni di polizia di Madrid vengono assegnate quote settimanali e mensili di migranti irregolari da arrestare e ciò incoraggia gli agenti a prendere di mira le persone appartenenti alle minoranze etniche.
La profilazione razziale, ossia l’attitudine della polizia di fermare una persona a causa del colore della sua pelle per interrogarla o arrestarla, non sempre rappresenta un atto discriminatorio, ma è discriminatoria e illegale, secondo il diritto internazionale, quando non si fonda su una giustificazione ragionevole e obiettiva.
‘Le autorità spagnole stanno abusando dei poteri di arresto e perquisizione, utilizzandoli come strumenti di controllo dell’immigrazione. La Spagna ha il diritto di controllare l’immigrazione ma non dovrebbe farlo a spese dei diritti dei migranti e delle minoranze all’uguaglianza e alla protezione dalla discriminazione’ – ha aggiunto Leghtas.
A questo va aggiunto che, talvolta, le persone che in modo pacifico assistono alla scena, documentano i controlli e informano le persone dei diritti loro spettanti in quella situazione, vengono minacciate e multate.
‘La polizia spagnola deve addestrare gli agenti su come eseguire controlli d’identità nel rispetto del principio di uguaglianza e del divieto di discriminazione e deve porre fine alle intimidazioni nei confronti di chi assiste o documenta i controlli’ – ha aggiunto Leghtas. ‘È tempo che le autorità riconoscano e condannino la pratica della profilazione razziale come discriminatoria e illegale e prendano misure per eliminarla’.
Amnesty International ha inoltre raccomandato alle autorità spagnole di assicurare che non ci siano quote assegnate per arrestare i migranti irregolari e che gli agenti di polizia registrino e segnalino tutti i controlli effettuati.
Inoltre, i dati sul numero e sui motivi delle operazioni di polizia dovrebbero essere raccolti in modo regolare e resi pubblici, distinguendo tra quelle eseguite per motivi legati al controllo dell’immigrazione e quelle legate all’ordine pubblico.
‘Affrontare la profilazione razziale della polizia è un elemento cruciale in ogni azione volta a combattere il razzismo e la xenofobia’ – ha concluso Leghtas.
Testimonianze
‘Non si riesce ad avere un attimo di pace quando sei in giro. Ogni giorno la polizia mi chiede i documenti, all’uscita della metropolitana, dentro la stazione. Mi sento a disagio quando esco. C’è tanto razzismo in Spagna. Ogni tanto, quando mi siedo in un vagone, la persona accanto a me si alza. Come se non mi volessero qui…’ (un rifugiato del Camerun)
‘La vita per i migranti qui è molto dura. È una sofferenza, anche quando hai i documenti in regola. La cosa peggiore è se sei nero. Ogni volta che incrocio un poliziotto, mi chiede i documenti. Ti possono portare fuori dal vagone o dalla stazione della metropolitana per controllarti i documenti. Dicono che cercano i criminali. Ma essere nero mica vuol dire essere un criminale.’ (un migrante del Senegal)
‘A volte mi fermano anche tre o quattro volte nella stessa giornata. Mostro i miei documenti ma qualche volta si mettono a controllare se i dati sono giusti. Se vado di fredda perché sto andando al lavoro a loro non interessa, mi controllano comunque. Essere fermato in questo modo mi fa molto male, mi fa sentire di non essere libero.’ (Jahid, migrante del Bangladesh)
‘Credo di essere stato in tutte le stazioni di polizia della città. Sono stato nella stessa stazione anche tre o quattro volte. Tutti gli agenti di polizia ormai mi conoscono. Voglio che le persone sappiano che noi, migranti, non siamo numeri. Abbiamo un cuore e due mani come ce l’hanno tutte le persone che lavorano in ogni parte del mondo.’ (Babu, migrante dell’India).
FINE DEL COMUNICATO Roma, 14 dicembre 2011
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