Sport e diritti umani, dal 3 novembre su Rai Sport ‘Portami con te’

2 Novembre 2015

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Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione. É più potente di qualunque governo nel rompere le barriere razziali. Lo sport ride in faccia a ogni tipo di discriminazione’.
Nelson Mandela

Rai Sport inizia un nuovo viaggio per raccontare  tutto lo sport che accoglie, consola, unisce, aiuta a stare meno male o, più semplicemente, che diverte. Lo farà con una trasmissione settimanale, ‘Portami con te’, in onda su Rai Sport 1 (canale 57 DTT), dal 3 novembre, alle 19.40 e per tutti i martedì sino alla fine di maggio.

Trentacinque minuti di  servizi e filmati, di storie raccontate in prima persona da chi le vive, con una grande attenzione alla quotidianità e all’ambiente in cui si svolgono.

Ampia la collaborazione con le associazioni Onlus, che dello sport fanno uno degli strumenti fondamentali per il loro intervento. Unicef, Save the Children, Amnesty International, Uisp, Csi, Libera, per cominciare. Ma durante questa avventura se ne incontreranno tante altre, piccole e grandi, e si entrerà in contatto anche con istituzioni italiane ed europee (Ministeri e Parlamento).

Le telecamere del programma andranno nei campetti di periferia, nelle case di persone con problemi, negli oratori, nelle carceri, ma anche nei villaggi sperduti dell’Asia e dell’Africa, nei parchi della Cina. Si racconteranno storie italiane e dei paesi in guerra, o colpiti da grandi calamità.
L’obiettivo, ambizioso, è quello di divulgare lo sport  come educazione al movimento, al rispetto delle regole, al contrasto del doping, all’affermazione della legalità, alla cura dell’ambiente e al risparmio energetico.

Corsa, calcio, pallavolo, basket, rugby, pattinaggio, tennis. Tante discipline a volte con regole cambiate per rieducare i bambini soldato, per far di nuovo sorridere chi è stato mutilato dalle bombe, per ridare un senso di normalità dopo le catastrofi naturali in cui si è perso tutto e non si è mai avuto nulla.