Stati Uniti d’America: taser, armi sicure?

15 Dicembre 2008

Tempo di lettura stimato: 8'

Amnesty International ha chiesto oggi ai governi di sospendere l’uso delle pistole taser o almeno di limitarlo alle situazioni di effettiva minaccia alla vita.

L’organizzazione per i diritti umani ha diffuso uno dei più dettagliati e aggiornati rapporti sulle pistole elettriche. Le affermazioni delle industrie produttrici, secondo cui le taser sono armi sicure e non letali, non regge il confronto con la realtà, poiché il numero delle persone morte negli Usa, dal 2001 all’agosto 2008, dopo essere state colpite dalle taser, è salito a 334.

Le taser non sono armi non letali, come vengono invece descritte‘ – ha dichiarato Angela Wright, ricercatrice di Amnesty International sugli Usa e autrice del nuovo rapporto. ‘Possono uccidere e dovrebbero essere usate solo come ultima risorsa. Il problema è che si prestano intrinsecamente all’abuso. Sono facili da portare e da usare e possono infliggere un dolore acuto solo premendo un pulsante, senza lasciare segni visibili‘.

La ricerca di Amnesty International, basatasi anche su 98 autopsie, ha verificato che nel 90 per cento dei casi le persone morte dopo essere state colpite con una taser erano disarmate e in molti casi non costituivano alcuna seria minaccia. Molte di esse sono state colpite più volte, in modo prolungato (ben oltre il ‘ciclo-standard’ di cinque secondi) e da più poliziotti contemporaneamente. Talvolta sono state colpite per non aver eseguito un ordine, dopo che erano state già stordite da un primo colpo.

In almeno sei casi mortali, le taser sono state utilizzate su persone che avevano problemi di salute in fase acuta, tra cui un medico che aveva avuto un incidente con la propria automobile, andata distrutta, nel corso di una crisi epilettica. È morto dopo essere stato ripetutamente colpito da una taser sul ciglio della strada dove, stordito e confuso, non riusciva a obbedire ai comandi di un agente.

Agenti di polizia hanno usato le taser contro studenti, donne incinte e persino contro una persona affetta da demenza senile.

Nel marzo di quest’anno, nella contea di Orange in Florida, una bambina di 11 anni con difficoltà d’apprendimento è stata colpita da una taser dopo che aveva aggredito un agente con un pugno sul volto.

Secondo gli studi esistenti, molti dei quali finanziati dalle industrie, le taser costituiscono armi a basso rischio per persone sane e adulte. Questi studi, che hanno avuto un’ampiezza limitata, hanno comunque evidenziato la necessità di comprendere meglio gli effetti delle taser su persone vulnerabili, come quelle sotto effetto di droghe stimolanti o con problemi di salute. Altri studi indipendenti effettuati su animali hanno concluso che le taser possono causare aritmia nei maiali, sollevando quindi ulteriori dubbi sulla sicurezza nel caso vengano usate su esseri umani. Un ulteriore studio commissionato dalla Canadian Broadcasting Corporation ha determinato che il 10 per cento delle 41 taser esaminate sprigionava più corrente di quella dichiarata dal produttore, mettendo quindi in luce la necessità di altre verifiche e test indipendenti su queste armi.

Sebbene la maggior parte dei 334 decessi sia stato attribuito a fattori quali intossicazione da droga, medici e magistrati sono giunti alla conclusione che nel 50 per cento dei casi le taser abbiano causato direttamente o contribuito a causare la morte.

‘Siamo davvero preoccupati che armi elettriche come le taser siano state consentite per uso generale prima di un test rigoroso e indipendente sui loro effetti‘ – ha concluso Wright.

Ulteriori informazioni

Taser‘ è il nome commerciale dei ‘Conducted Energy Devices‘ (CED), comunemente usati dagli agenti di polizia negli Usa. I CED rilasciano una scarica elettrica a bassa intensità e ad alto voltaggio che agisce sul sistema nervoso centrale causando contrazioni muscolari e l’incapacitazione temporanea del soggetto.

Dopo aver esaminato 98 autopsie e altro materiale, Amnesty International è giunta alle seguenti conclusioni:

  • molte vittime sono state sottoposte a scariche multiple o prolungate, spesso ben oltre il ‘ciclo-standard’ di cinque secondi, nonostante ripetuti allarmi sul rischio per la salute umana derivante da tale utilizzazione;
  • nella maggior parte dei casi, le persone decedute hanno avuto un arresto cardio-respiratorio poco dopo essere state colpite;
  • in alcuni casi, le persone sono collassate poco dopo essere state colpite, senza che avessero manifestato alcun problema di salute o assunto droghe;
  • in molti casi sono stati applicati ulteriori metodi di contenimento per ostacolare la respirazione o limitare l’afflusso di sangue al cervello, creando dunque il rischio di morte per asfissia;
  • molti dipartimenti di polizia permettono di usare le taser in situazioni ben al di sotto di quelle in cui gli agenti sarebbero autorizzati a ricorrere alla forza letale; alcuni dipartimenti prevedono l’uso delle taser allo stesso livello dell’ordine di ‘mani in alto!’ o poco sopra il livello di altri ‘comandi a voce’.

Le industrie che producono le taser e le agenzie che le impiegano sostengono che si tratti di armi più sicure di altre armi convenzionali nel controllo di gruppi pericolosi o facinorosi e che hanno salvato vite umane evitando il ricorso alla forza letale.

Più di 30 persone sono morte dopo essere state colpite dalle taser in prigione, dove queste armi sono ampiamente usate, o nelle aree di registrazione delle stazioni di polizia. La maggior parte dei decessi è avvenuta in California e in Florida (rispettivamente 55 e 52 vittime). Phoenix (Arizona) e Las Vegas (Nevada), sono le città col più alto numero di morti (cinque tra il 2001 e il 31 agosto 2008).

In 37 delle 98 autopsie e nelle due trascrizioni di inchieste esaminate da Amnesty International, i medici hanno elencato l’uso delle taser tra le cause o i fattori che hanno contribuito al decesso. I medici e i magistrati hanno riferito simili conclusioni in almeno altri 13 casi in cui Amnesty International non è entrata in possesso dei verbali di autopsia.

FINE DEL COMUNICATO                                                             Roma, 16 dicembre 2008

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell.348-6974361, e-mail press@amnesty.it