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Repubblica del Sudan

Tutte le parti in conflitto hanno continuato a commettere gravi violazioni e abusi delle norme internazionali sui diritti umani, oltre a violazioni del diritto internazionale umanitario, con uccisioni di massa di civili. Gli stati hanno fornito armamenti alle parti belligeranti, anche in Darfur, in violazione di un embargo sulle armi stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Donne e ragazze sono state sottoposte a diffusi episodi di violenza sessuale legata al conflitto. I saccheggi e la distruzione di proprietà civili hanno violato i diritti economici, sociali e culturali. Un blackout quasi totale delle telecomunicazioni ha limitato la libertà d’espressione e la possibilità delle organizzazioni umanitarie di consegnare aiuti. È persistita l’impunità per le violazioni e gli abusi legati al conflitto. Dall’aprile 2023 milioni di persone erano sfollate internamente al paese o avevano cercato rifugio nei paesi vicini, dove vivevano in condizioni terribili. Le autorità egiziane hanno rimpatriato con la forza in Sudan centinaia di rifugiati sudanesi.

 

CONTESTO

Il conflitto armato scoppiato ad aprile 2023 nella capitale Khartoum tra le Forze armate sudanesi (Sudan Armed Forces – Saf) e le Forze di supporto rapido (Rapid Support Forces – Rsf) ha continuato a diffondersi in varie parti del paese, compresi gli stati di Gezira, Sennar, e Darfur settentrionale. Durante questo periodo, si sono uniti al conflitto anche gruppi armati e altri attori, allineandosi o con le Saf o con le Rsf.

Nonostante i molteplici sforzi politici, i combattimenti si sono intensificati nel corso dell’anno. La comunità internazionale, tra cui il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’Ua, non hanno adottato misure adeguate in grado di proteggere i civili, porre fine alle violazioni o interrompere la fornitura di armi e altro supporto alle parti in guerra.

 

VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Molti civili sono stati vittime del fuoco incrociato mentre le Saf e le Rsf, insieme ad altre milizie e gruppi armati, hanno lanciato attacchi da e all’interno di aree popolate da civili, spesso utilizzando armi esplosive con effetti ad ampio raggio. Secondo le Nazioni Unite, da aprile 2023 a dicembre 2024, sono state uccise oltre 27.000 persone e più di altre 33.000 sono state ferite, in maggioranza civili, durante raid aerei, bombardamenti di artiglieria pesante e negli attacchi di terra che hanno colpito case e villaggi.

A seguito della defezione del 20 ottobre a favore delle Saf da parte di Abu Aqla Keikel, ex comandante delle Rsf nello stato di Gezira, le Rsf hanno lanciato attacchi di rappresaglia contro molte città e villaggi nello stato orientale di Gezira, tra cui Tamboul, Rufaa, Al-Hilaliya, Al-Seriha e Al-Uzibah. Le Rsf hanno colpito deliberatamente le persone nelle loro case, nei mercati e per strada. Le Nazioni Unite hanno riferito che, tra il 20 e il 26 ottobre, almeno 124 persone civili sono rimaste ferite e circa 119.400 sono state sfollate dallo stato di Gezira; sono stati inoltre segnalati almeno 25 casi di violenza sessuale in diversi villaggi del Gezira orientale.

 

TRASFERIMENTI IRRESPONSABILI DI ARMI

A settembre, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha prorogato di un altro anno l’embargo sulle armi in vigore del 2004 e applicato alla sola regione del Darfur. Non è riuscito a estendere l’embargo al resto del Sudan. L’attuale embargo sulle armi era stato poco applicato e frequentemente violato e si è dimostrato del tutto inadeguato a soddisfare le esigenze dettate dall’attuale crisi.

Il conflitto ha continuato a essere alimentato da una quasi ininterrotta fornitura di armi e munizioni al Sudan, incluso il Darfur, da parte di stati e attori aziendali di tutto il mondo. Gli stati e vari gruppi armati attivi in Sudan hanno utilizzato i paesi vicini come canali di rifornimento per i loro trasferimenti di armi dentro e fuori il paese1.

Grandi quantità di armi e attrezzature militari di recente fabbricazione provenienti da Cina, Russia, Turchia ed Emirati Arabi Uniti, tra gli altri paesi, sono state importate in Sudan e dirottate o altrimenti contrabbandate in Darfur, dove esisteva un sostanziale rischio che fossero utilizzate per commettere gravi violazioni delle norme internazionali sui diritti umani e del diritto umanitario.

Alcune aziende in Russia e Turchia hanno esportato varianti di armi di piccolo calibro, tipicamente vendute sul mercato civile, a operatori commerciali con forti legami con le Saf. Inoltre, centinaia di migliaia di pistole a salve (armi meno letali) sono state esportate in Sudan da aziende con sede in Turchia, insieme a cartucce a salve per una probabile conversione in armi letali.

 

VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE

Le donne e le ragazze hanno continuato a essere vittime di violenza sessuale legata al conflitto. La Missione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite (Fact-Finding Mission – Ffm) per il Sudan ha rilevato che la violenza sessuale e di genere, in particolare gli stupri e gli stupri di gruppo, era diffusa in tutto il Sudan. Ha anche scoperto che membri delle Rsf avevano perpetrato violenza sessuale su vasta scala durante gli attacchi compiuti contro le città della regione del Darfur e nella Grande Khartoum.

In molti episodi le Rsf hanno stuprato e sottoposto a stupro di gruppo donne e ragazze di fronte ai loro familiari, in particolare nella regione del Darfur e nello stato di Gezira. In uno di questi casi, il 27 maggio, tre soldati delle Rsf hanno stuprato a turno una donna nel quartiere di Thoura Sud della città di El Fasher, nel Darfur settentrionale, davanti agli occhi del marito e del suo figlioletto di cinque anni.

 

DIRITTI DELLE PERSONE SFOLLATE INTERNAMENTE

L’escalation del conflitto ha assunto dimensioni sempre più devastanti per i civili.

Le persone sfollate internamente al paese erano oltre 11 milioni di persone, di cui 8,6 milioni erano sfollate da aprile 2023, cifre che rendevano il Sudan lo scenario della più vasta crisi di sfollati del mondo. La già disastrosa crisi umanitaria è stata inoltre aggravata da un numero sempre più alto di persone che durante l’anno sono state costrette a fuggire dalle loro case.

 

DIRITTI DELLE PERSONE RIFUGIATE E MIGRANTI

A partire da aprile 2023, più di 3,2 milioni di persone si erano riversate nei paesi confinanti: Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia, Libia e Sud Sudan, dove vivevano in condizioni drammatiche.

Le autorità di frontiera e di polizia egiziane, operanti rispettivamente sotto i ministeri della Difesa e dell’Interno, hanno effettuato arresti arbitrari di massa e tenuto donne, uomini e minori in condizioni crudeli e disumane, in attesa del loro rimpatrio forzato in Sudan. Tra gennaio e marzo, le autorità egiziane hanno rimpatriato con la forza circa 800 persone di nazionalità sudanese in 12 episodi, senza condurre valutazioni individuali o garantire loro il diritto di ottenere protezione internazionale o di contestare i provvedimenti di espulsione (cfr. Egitto). Questi rimpatri hanno coinciso con la diffusione del conflitto negli stati di Gezira e Sennar e in altre aree, costringendo molti rimpatriati a fuggire di nuovo in Egitto o altrove.

 

DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI

Le Nazioni Unite hanno documentato condizioni di carestia nel campo per sfollati interni di Zamzam, nel Darfur settentrionale, che ospitava più di 400.000 persone. L’insicurezza alimentare acuta ha raggiunto livelli record in tutto il Sudan, colpendo 25,6 milioni di persone, pari a oltre la metà della popolazione. Questa situazione è stata aggravata dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari, specialmente nelle aree dove erano state segnalate condizioni di carestia. Nella località di El Fasher, i prezzi del sorgo e del miglio erano più che triplicati dal 2023, mentre i prezzi del grano erano più che raddoppiati.

La Ffm ha rilevato che i saccheggi e la distruzione di proprietà, principalmente da parte delle Rsf e dei suoi alleati, che avevano colpito le comunità non arabe, in particolare i masalit, avevano compromesso i mezzi di sussistenza di queste comunità, così come le infrastrutture civili, tra cui rifugi, fonti di approvvigionamento di cibo e acqua, sistemi sanitari, stazioni idrauliche, uffici e strutture pubbliche. La Ffm ha concluso che questi atti violavano i diritti economici, sociali e culturali della popolazione civile, in particolare i loro diritti alla salute fisica e mentale, nonché al cibo, all’acqua e all’alloggio.

 

DIRITTO ALL’INFORMAZIONE

Un pressoché totale blackout delle comunicazioni a seguito dell’interruzione delle reti telefoniche agli inizi di febbraio ha limitato il diritto alla libertà d’espressione e ha posto a grave rischio il coordinamento dell’assistenza d’emergenza e dei servizi umanitari per milioni di persone coinvolte nel conflitto. Secondo l’Ong Access Now, prima dell’interruzione le Rsf avevano ottenuto il controllo dei data center dei fornitori di servizi Internet a Khartoum.

Il 7 febbraio, l’Ong Netblocks ha riportato che Zain, il principale operatore di telefonia mobile, era andato “in larga parte offline”. Le interruzioni del servizio Internet sono continuate per tutto l’anno in molte regioni. Il blocco ha impedito agli osservatori e ai difensori dei diritti umani di documentare gli abusi e le violazioni dei diritti umani.

Contemporaneamente, la popolazione sudanese della diaspora e coloro che coordinano le risposte alle emergenze sul campo non hanno potuto inviare o trasferire denaro verso il Sudan e all’interno del suo territorio tramite applicazioni bancarie mobili, uno dei pochi mezzi rimasti per trasferire fondi. In alcuni casi, quando il trasferimento di denaro funzionava, le persone riceventi non sono state in grado di accedere ai fondi.

 

DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

È persistita l’impunità per le violazioni e gli abusi legati al conflitto. Tre uomini accusati dall’Icc, tra cui l’ex presidente Omar al-Bashir, dovevano ancora essere consegnati all’Icc per essere processati.

Ad agosto, la Commissione africana dei diritti umani e dei popoli ha approvato una risoluzione per istituire una missione d’inchiesta congiunta con il Dipartimento per gli affari politici, la pace e la sicurezza dell’Ua sulla situazione dei diritti umani in Sudan, i cui risultati sarebbero dovuti arrivare entro tre mesi. A fine anno non erano stati resi pubblici né i risultati né eventuali raccomandazioni.

Il primo rapporto dell’Ffm, pubblicato a settembre, ha rilevato che le Saf e le Rsf avevano commesso crimini di guerra e che le Rsf avevano compiuto anche crimini contro l’umanità. Il rapporto ha formulato una serie di raccomandazioni per l’accertamento delle responsabilità e l’accesso alla giustizia per le vittime, tra cui: l’espansione della giurisdizione dell’Icc al di là del Darfur all’intero paese, l’istituzione di un meccanismo giudiziario internazionale, l’aumento del ricorso da parte degli stati alla giurisdizione universale e la creazione di una commissione per la verità e di un ufficio per fornire assistenza e risarcimenti alle vittime. A ottobre, una risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha prorogato il mandato della Ffm per un altro anno.

 

Note:
1 New Weapons Fuelling the Sudan Conflict, 25 luglio.

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