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Matar Younis Ali Hussein, insegnante e difensore dei diritti umani tra i più coraggiosi del Sudan, è salvo.
Rischiava la pena di morte per aver preso posizione in favore della popolazione del Darfur – dal 2003 vittima collettiva di un’offensiva militare per la quale il presidente sudanese Omar al-Bashir è imputato presso il Tribunale Penale Internazionale per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio – ma dal 26 luglio è libero.
Matar Younis Ali Hussein era stato arrestato il 1° aprile dopo aver criticato il governo sudanese per gli omicidi, i rapimenti, le devastazioni e i saccheggi dei villaggi, la violenza sessuale e altro ancora in corso da 15 anni in Darfur. Più volte, aveva denunciato il falso “processo di pace” promosso dal governo e aveva sollecitato protezione per gli sfollati del conflitto.
Il 24 giugno era stato incriminato per “guerra contro lo stato”, “tentativo di sovvertire il sistema costituzionale” e “spionaggio”. Se giudicato colpevole anche di uno solo di questi reati, sarebbe stato messo a morte.
E invece, grazie a un’enorme mobilitazione interna e internazionale, è stato assolto e rilasciato. Ora si spera che Matar Younis Ali Hussein possa riprendere a insegnare la religione coranica e a chiamare alla preghiera dalla moschea di Zalingei, nel Darfur centrale, senza temere ulteriori persecuzioni e rappresaglie giudiziarie.
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