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La decisione di Indonesia, Malesia e Thailandia di rinunciare all’assurda politica di rimandare indietro barche cariche di rifugiati e migranti indifesi è un passo nella direzione giusta – ma non soddisfa l’urgenza di salvare migliaia di persone ancora in mare né quella di risolvere le ragioni alla base di queste partenze.
‘Si è trattato di una buona notizia per le persone che sono riuscite a raggiungere un porto sicuro, ma non per le migliaia che sono ancora alla deriva, con sempre minori riserve di cibo e acqua‘ – ha dichiarato Richard Bennett, direttore di Amnesty International per l’Asia Pacifico. ‘In quanto stati membri della Convenzione Onu sul diritto del mare, Indonesia, Thailandia e Malesia non possono sottrarsi al dovere di avviare operazioni di ricerca e salvataggio‘.
In una dichiarazione congiunta, Indonesia e Malesia hanno dato disponibilità a fornire rifugio temporaneo fino a 7000 persone che ancora si trovano in mare, per lo più rifugiati rohingya in fuga dalle persecuzioni in Myanmar e cittadini del Bangladesh. La recente impennata delle fughe via mare è dovuta alle nuove misure prese dalla Thailandia contro i trafficanti di vite umane lungo i percorsi terrestri.
L’accoglienza promessa da Indonesia e Malesia durerà al massimo un anno, a condizione che la comunità internazionale contribuisca ai rimpatri e al reinsediamento. ‘Il rifugio temporaneo è un primo passo, meglio che niente‘ – ha commentato Bennett – ‘ma non è un provvedimento adeguato e rischia di compromettere il sistema di protezione internazionale. I richiedenti asilo devono poter accedere alle procedure per ottenere lo status di rifugiato, in condizioni di sicurezza e nel rispetto della loro dignità. I rifugiati e i migranti, persone vulnerabili, non devono essere trattati alla stregua di criminali a causa del loro ingresso irregolare, né possono essere neanche mandati indietro nei paesi dove la loro vita e i loro diritti sono a rischio‘.
La dichiarazione congiunta è emersa a seguito dei colloqui del 20 maggio tra i ministri degli esteri di Indonesia, Malesia e Thailandia e delle pesanti critiche pervenute a livello internazionale dopo che le imbarcazioni erano state respinte in alto mare prima che potessero raggiungere le coste di questi paesi. La Thailandia non si è impegnata a fornire rifugio temporaneo, citando restrizioni previste dal diritto nazionale, ma ha garantito che non respingerà le imbarcazioni già all’interno delle sue acque territoriali e fornirà assistenza umanitaria alle persone a bordo.
‘Siamo di fronte a una crisi umanitaria. Rimandare indietro queste persone non è solo un oltraggio alla dignità umana, ma anche una violazione del principio di non refoulement, un pilastro del diritto internazionale consuetudinario‘ – ha sottolineato Bennett. Il 29 maggio la Thailandia ospiterà un vertice regionale cui prenderanno parte i governi di Indonesia, Malesia, Thailandia e Myanmar e le agenzie delle Nazioni Unite per discutere della crisi in corso nell’area. ‘La conferenza della prossima settimana offre un’opportunità importante per risolvere alla radice le cause della crisi, tra cui la discriminazione sistematica insita nelle leggi, nelle politiche e nella prassi quotidiana contro i rohingya e altre minoranze del Myanmar‘ – ha concluso Bennett.