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In Turchia i difensori dei diritti umani sono sotto attacco.
Tra le persone colpite dall’ondata di repressione anche il presidente e la direttrice di Amnesty International Turchia.
Le accuse contro di loro sono infondate.
Il 5 luglio è stata arrestata, insieme ad altri sette difensori dei diritti umani e due formatori Idil Eser, direttrice di Amnesty International Turchia. Per oltre 28 ore le autorità hanno rifiutato di fornire informazioni e hanno impedito agli arrestati di contattare le loro famiglie. La loro detenzione è stata autorizzata per sette giorni e estesa per altri sette prima che compaiano di fronte a un giudice. L’accusa, infamante e senza prove, è di “associazione terroristica“.
“Far parte della lotta per i diritti è una grande sensazione. Solidarietà per sempre” – 8 luglio 2017, sede della Polizia per la sicurezza di Vatan, Istanbul
Taner Kılıç, presidente di Amnesty International Turchia, si trova da un mese in detenzione in attesa del processo. è incriminato per “appartenenza all’Organizzazione terroristica Fethullah Gülen”.
L’unico elemento addotto a sostegno dei presunti legami di Taner Kılıç con il movimento di Gülen è che nell’agosto 2014 sarebbe risultata installata sul suo telefono cellulare l’applicazione di messaggistica Bylock, che secondo le autorità turche era usata dai membri della “Organizzazione terroristica Fethullah Gülen“.
Non è stata presentata alcuna prova a sostegno di quest’affermazione e Taner Kılıç nega di aver mai scaricato o usato Bylock, applicazione della cui esistenza era stato ignaro fino a quando di recente era stata menzionata in occasione di arresti e condanne.
Dopo il tentato colpo di stato in Turchia sono decine di migliaia le persone – tra cui medici, agenti di polizia, insegnanti, docenti universitari e soldati – etichettate come “terroristi” ed estromesse dal settore pubblico, che oggi lottano per la sopravvivenza.
La ricerca “Nessuna fine in vista: il futuro negato agli impiegati del settore pubblico della Turchia dopo la purga” è il frutto di 61 interviste svolte ad Ankara, Diyarbakır e Istanbul dal team guidato da Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International sulla Turchia.
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