Testimonianze dalle camere di tortura uzbeke

14 Aprile 2015

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Dal marzo 2011, l’imprenditore turco Vahit Gunes ha trascorso 10 mesi in un centro di detenzione a Tashkent sulla base di accuse che, a quanto dice, sono state inventate dal servizio di sicurezza nazionale uzbeko (Snb) per confiscare le sue attività ed estorcere grosse somme di denaro alla sua famiglia e ai suoi partner commerciali.

Il pubblico ministero ha ribadito: ‘Vahit Gunes, nell’intera storia dell’Snb nessuno è mai stato portato qui, dichiarato innocente e rilasciato. Tutti quelli che sono portati qui sono colpevoli. Devono dichiararsi colpevoli”.

Afferma che altri detenuti sono stati torturati durante la detenzione preventiva da parte dell’Snb, e che alcuni sono deceduti: ‘Immaginavamo che le persone con cui condividevamo la cella, dopo essere state interrogate, non avrebbero più fatto ritorno. Poi sapevamo che le avevano torturate a morte… C’era un funzionario di polizia nella seconda cella dove mi tenevano. Loro interrogarono quest’ uomo. Quando tornò, era coperto di sangue, con il braccio rotto, un dito rotto e aveva gli occhi chiusi e gonfi… Era stato torturato senza sosta… Dopo il suo ultimo interrogatorio, non è più tornato‘.

In base a quanto riportato da Vahit Gunes, la tortura si verifica nelle stanze degli interrogatori, nelle celle di punizione e in camere di tortura appositamente costruite. Gli agenti dell’Snb spogliavano d’abitudine Vahit Gunes nei bagni, lo obbligavano a piegarsi in avanti, lo picchiavano e lo sottoponevano a umiliazioni sessuali. ‘…il ‘dubak’ [agente o guardia] ti preleva dalla tua cella, ti porta in bagno, ti spoglia e ti umilia [sessualmente]. Poi ti ammanetta e continua a picchiarti fino alla stanza del pubblico ministero, facendoti piegare come se fossi uno struzzo. Quando sei col pubblico ministero, il tuo stato d’animo è già distrutto. Ti senti distrutto‘. Gli agenti dell’Snb hanno portato Vahit Gunes in una stanza degli interrogatori dove lo hanno picchiato: ‘Ci hanno messo in manette e portato in una stanza buia. Sono stato picchiato molte volte lì…Mi hanno ammanettato a una sbarra in metallo. Neanche pensano a dove ti picchieranno. Sul tuo orecchio, il tuo occhio, il tuo naso…non importa. Senza alcuna ragione…Quello era, così mi dissero, un ‘pestaggio caloroso’. Mi dissero che lì funzionava in quel modo‘. Una volta firmata la confessione la tortura terminò e lui ricevette assistenza medica. La tortura riprese quando l’Snb voleva estorcere alla sua famiglia diversi milioni di dollari statunitensi per la sua scarcerazione. Fu rilasciato dopo un amnistia presidenziale nel dicembre 2011 e trasferito in Turchia, dove sta intraprendendo azioni legali contro le autorità uzbeke responsabili della sua tortura.

Nel 2014, Zuhra, il cui vero nome non può essere rivelato per ragioni di protezione, doveva presentarsi regolarmente al commissariato locale, dove era detenuta e picchiata per essere parte di una ‘famiglia estremista’ e costretta a denunciare e incriminare i suoi parenti maschi. Racconta che la maggior parte dei suoi parenti maschi non sono più con lei, imprigionati con lunghe pene detentive dopo essere stati accusati di aderire a organizzazioni islamiche fuorilegge o sono fuggiti dal paese per salvarsi: ‘Nella nostra casa non c’è pace. Quando ci svegliamo al mattino, se vediamo un’auto ferma davanti alla porta di casa, i nostri cuori battono più velocemente. Per questo i nostri cuori sono diventati fragili; per noi non c’è più vita… In casa non ci sono più uomini. Nemmeno i miei nipotini‘. Zuhra ha detto ad Amnesty International che alcuni agenti di polizia sono andati da lei per interrogarla, l’hanno portata in un centro di detenzione e l’hanno picchiata sul torace in una stanza per gli interrogatori. Ha visto agenti di polizia strappare gli abiti di dosso ad alcune donne e costringerle a camminare nude davanti ai loro colleghi, che ridevano e lanciavano insulti di natura sessuale. Ha visto come gli agenti picchiavano a sangue le donne, come spaccavano loro il naso e le gambe, come le costringevano a sdraiarsi nude a terra e come schiacciavano la loro spina dorsale calpestandone la schiena. Ha visto ‘sciogliersi i talloni di alcuni giovani’ a forza di essere colpiti senza tregua dai manganelli degli agenti sulle piante dei piedi. ‘Loro [le donne] erano picchiate brutalmente. Gli uomini delle forze di sicurezza strappavano loro gli abiti di dosso e le picchiavano così brutalmente… Loro [gli agenti di polizia] le colpivano su tutto il corpo con bastoni, rompevano loro le dita, se poteste vedere i loro nasi, li rompevano…rompevano la loro gamba sinistra…con i bastoni…Gli uomini spogliavano queste donne, le sdraiavano a terra e si mettevano sopra loro… Si, le minacciavano di stupro e le spogliavano e le umiliavano. Non c’è solo un uomo lì, molti uomini si trovano lì, e fanno tutto questo davanti agli altri. Strappano loro i vestiti di dosso e le picchiano. Tutti loro siedono lì, anche gli agenti. E pure l’interrogatore. Le torturano proprio in questo modo e l’interrogatore scrive qualsiasi cosa esca dalla loro bocca. Picchiano anche i ragazzi in questo modo…colpiscono i loro talloni con bastoni. I talloni si sciolgono. Se svengono, li riportano in cella. Se si svegliano in mezz’ora, li portano fuori e li picchiano di nuovo‘. Zuhra era in tribunale quando il giudice ha chiesto ai suoi parenti di sesso maschile perché avevano confessato di essere parte di un’organizzazione islamica fuorilegge, uno ha risposto: ‘Non sopportavo le torture, ecco perché. Se non mi crede, guardi il mio braccio’. Egli ha raccontato che le forze di sicurezza avevano schiacciato loro mani e piedi contro un fornello bollente e li avevano ustionati. Ho firmato quei fogli soltanto perché non potevo più sopportare le torture‘. Zuhra riferisce che il giudice ha ascoltato in silenzio prima di ammettere come prova la confessione inquinata dalla tortura.

Yusuf, un uomo uzbeko il cui nome non può essere rivelato per ragioni di protezione, è stato detenuto arbitrariamente e torturato o comunque maltrattato dalle autorità uzbeke quattro volte tra il 2007 e il 2010. È stato sottoposto a pestaggi prolungati e altre forme di maltrattamento durante ogni detenzione. Era accusato di presunto uso di droghe. Yusuf è stato detenuto per la prima volta il 31 maggio 2007 a Tashkent, quando due uomini in abiti civili gli mostrarono il distintivo della polizia, lo fermarono e lo misero in macchina, poi lo guidarono fino a una stazione di polizia dove molti agenti lo interrogarono e lo picchiarono: ‘Fui picchiato più volte in una stazione di polizia. Mi picchiarono dappertutto. Qualche agente entrò e mi insultò, dicendo che ero un terrorista.  Fui picchiato per circa sei ore. Mi picchiavano durante la notte. Ogni ora mi picchiavano per 10-15 minuti. Durava finché era mattina‘. Un’altra volta, ha trascorso tre giorni alla stazione di polizia, in una stanza per gli interrogatori con due sedie e un tavolo. Gli agenti lo picchiarono e cercarono di rompergli le dita di mani e piedi colpendolo con una sedia. Gli fu chiesto della sua attività religiosa e dei suoi presunti piani per rovesciare l’ordine costituzionale del paese. Gli agenti di polizia poi lo portarono in un altro centro detentivo, che descrive come una prigione con filo spinato e una porta di metallo alta tre metri. Si ricorda di aver udito le urla di altri detenuti. Gli agenti lo portarono in una cella sotterranea, dove due uomini minacciarono di ferire i figli di Yusuf e lo picchiarono per un intero giorno finché perse i sensi. ‘Le dimensioni della cella erano circa 2.5 metri per 4. Non c’era cibo. Non andavo in bagno. Due uomini mi picchiarono per un giorno. Urlavo, ma a nessuno importava, nessuno venne in cella. Iniziarono a filmarmi con un cellulare. Mi picchiarono tanto e mi torturarono. Ho perso i sensi. Rimasi senza conoscenza per circa un giorno. Quando ripresi conoscenza, la mia bocca era secca…senza acqua, cibo, niente…Ho urinato nei pantaloni…Ho pianto molto lì. Non mi davano niente. Non riuscivo neanche a sputare normalmente, sputavo sangue. Avevo molte costole rotte, avevo ematomi e i miei piedi erano gonfi‘. Nel 2008, fu tenuto in isolamento per sette giorni e torturato. È ancora profondamente traumatizzato e incapace di raccontare nel dettaglio della tortura a cui fu sottoposto in quel periodo.

Bakhtior, il cui vero nome non può essere rivelato per ragioni di protezione, è un uzbeko sopravvissuto alla tortura e richiedente asilo. Fu detenuto alle 5.30 nel suo appartamento da agenti in borghese e portato a una stazione di polizia. Non è mai stato informato del motivo del suo arresto. ‘Ero nel seminterrato della stazione di polizia… C’erano due agenti che mi picchiavano, mi davano calci, usando bastoni, ho perso conoscenza. Mi picchiano ogni giorno, sulla testa, sui reni… Quando ho perso i sensi, essi mi hanno versato addosso dell’acqua per svegliarmi e continuare a picchiarmi. Ho aperto gli occhi e c’erano cinque o sei persone lì. Indossavo solo una canottiera e il davanti era tutto coperto di sangue… La prima volta che ho ripreso conoscenza mi devono aver sospeso dall’alto perché non potevo piegarmi. La seconda volta mi hanno messo su una sedia con una busta di cellophan sulla testa, mi hanno soffocato e picchiato finché ho perso i sensi. Continuavo a chiedere ‘cosa sta succedendo? Perché?’. Ma loro non rispondevano. Hanno smesso intorno alle 10 di sera e mi hanno detto di non raccontare niente a nessuno altrimenti mi avrebbero ucciso. Mi hanno lasciato andare senza neanche interrogarmi o dirmi niente’.