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Amnesty International ha chiesto ai gruppi ribelli che prendono parte al conflitto interno che da tempo colpisce il sud della Thailandia di porre immediatamente fine alla loro campagna di attacchi contro la popolazione civile.
Nei circa otto anni trascorsi da quando si è riaccesa la rivolta, nelle quattro province più a sud della Thailandia quasi 5000 persone sono state uccise e molte altre migliaia ferite.
In un suo nuovo rapporto, basato su 154 interviste a testimoni, sopravvissuti e parenti e amici delle vittime, realizzate tra ottobre 2010 e luglio 2011, l’organizzazione per i diritti umani denuncia come i ribelli abbiano deliberatamente attaccato ‘obiettivi vulnerabili’, quali agricoltori, insegnanti, studenti, leader religiosi e funzionari pubblici. Molte di queste azioni costituiscono crimini di guerra.
Le testimonianze si riferiscono a 66 attacchi dei ribelli contro la popolazione civile in tre distretti del sud della Thailandia: Rangae (provincia di Narathiwat), Yarang (Pattani) e Yaha (Yala).
Nei circa otto anni trascorsi da quando si è riaccesa la rivolta, nelle quattro province più a sud della Thailandia quasi 5000 persone sono state uccise e molte altre migliaia ferite.
I ribelli, che per la maggior parte sono musulmani malay, sfidano con la violenza uno stato la cui popolazione e religione sono buddiste. Dal gennaio 2004 e al giugno 2011, circa due terzi delle persone uccise durante il conflitto erano civili, in maggior parte musulmani ritenuti troppo vicini al governo o che si sono rifiutati di collaborare coi ribelli.
I governi che si sono via via succeduti hanno tentato di fermare l’insurrezione con diverse iniziative politiche, ma nessuno è riuscito a fare alcun progresso significativo.
Dall’altra parte del conflitto, le forze di sicurezza thailandesi continuano a compiere torture ed altre violazioni dei diritti umani. Dopo un attacco dei ribelli a una base militare nella provincia di Narathiwat, nel gennaio 2011, almeno nove persone arrestate dai militari sarebbero state torturate.
Tuttavia, neppure un solo funzionario pubblico è stato chiamato a rispondere di queste né di altre violazioni dei diritti umani denunciate nel passato, compreso un episodio risalente all’ottobre 2004 nel distretto di Tak Bai, quando 78 detenuti morirono soffocati mentre erano stipati a bordo di camion militari.
Amnesty International chiede ai ribelli di impegnarsi pubblicamente e immediatamente a porre fine alle uccisioni illegali mentre sollecita le autorità thailandesi a contrastare la cultura ufficiale dell’impunità aprendo indagini indipendenti su tutte le uccisioni, comprese quelle ad opera delle forze di sicurezza, e garantendo la presenza di una forte componente di rispetto dei diritti umani in ogni futura strategia contro insurrezionale.