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In occasione della Giornata internazionale delle vittime di tortura possiamo fare un bilancio dei primi tre anni di attuazione della legge 110 del 2017, entrata in vigore il 18 luglio di quell’anno dopo quasi un trentennio di vani tentativi.
In primo luogo, vi sono stati una serie di casi di tortura “ordinaria” (in cui i soggetti condannati erano privati cittadini e non pubblici ufficiali) commessi per lo più da minorenni o adulti molto giovani.
Hanno riguardato, tra gli altri, i maltrattamenti inflitti in un garage di Varese, le sevizie inflitte da una badante a un novantenne di Alghero e la nota storia delle sofferenze inflitte a un uomo con disagio psichico a Manduria.
Altri casi riguardano invece torture aggravate in quanto sarebbero stati commessi da pubblici ufficiali nei confronti di detenuti. I casi principali in corso sono relativi alle carceri “Le Vallette” di Torino, San Gimignano, Ferrara e Santa Maria Capua Vetere.
Oltre a questi quattro casi, che hanno avuto notevole copertura mediatica, diverse fonti parlano di esposti per tortura relativi a diverse altre carceri. In una conferenza stampa del 4 settembre 2019, il Garante nazionale per le persone private della libertà ha dichiarato di avere segnalato una serie di casi sospetti ad altre procure.
Infine, di grande interesse è il caso della condanna del tribunale di Messina per torture commesse in Libia, nel campo di detenzione per migranti di Zawiya, da persone successivamente arrivate sul territorio italiano: scosse elettriche, violenza sessuali, mancanza di assistenza medica, di acqua e di cibo. I tre condannati sono un guineano e due egiziani, facenti capo ad Abdurahman al Milad (quel “Bija” di cui la stampa italiana rivelò una controversa visita ufficiale in Italia).
I tre condannati erano stati arrestati nel settembre 2019 nell’hotspot di Messina su disposizione dei giudici di Palermo a seguito di un’indagine condotta della procura di Agrigento, che aveva raccolto numerose testimonianze delle loro vittime.
Sono stati condannati a 20 anni per associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, alla violenza sessuale, alla tortura, all’omicidio e al sequestro di persona a scopo di estorsione.
(Ha collaborato a questo post il professor Antonio Marchesi, già presidente di Amnesty International Italia)
Post di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, pubblicato sul blog Le persone e la dignità