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Una corte d’appello di Mosca ha confermato la condanna di Maksym Butkevych, già difensore dei diritti umani e poi prigioniero di guerra ucraino, a 13 anni di carcere. La sentenza di primo grado era stata emessa dalla cosiddetta corte suprema di Luhansk, nei territori dell’Ucraina occupati dalla Russia.
Il processo d’appello si è svolto in segreto, senza che l’imputato potesse contattare un avvocato, e si è basato su una “confessione” e su altra documentazione nelle quali Butkevych si era auto-incriminato di un bombardamento con uccisioni di civili, un crimine che non aveva commesso.
Prima della guerra, Butkevych dirigeva un’organizzazione non governativa che aiutava i rifugiati a ottenere protezione in Ucraina. Dopo l’invasione russa, è entrato volontario nell’esercito ucraino ed è stato posto al comando di un plotone, successivamente catturato dalle forze russe lungo la linea del fronte.
Dopo la cattura, Butkevych è stato oggetto di una campagna diffamatoria sugli organi d’informazione russi. Gli è stato negato un processo equo, che spetta a tutti i prigionieri di guerra. Con ogni probabilità, è stato sottoposto a maltrattamenti e torture. Le autorità russe impediscono costantemente al Comitato internazionale della Croce rossa di visitare i prigionieri di guerra.