Tempo di lettura stimato: 5'
Il 23 ottobre il nuovo presidente tunisino Kais Saied presterà giuramento.
Chiediamo che il presidente si impegni nel rafforzare la protezione dei diritti umani nel paese e porre fine alle violazioni dei diritti umani commesse, in nome della sicurezza, anche attraverso le misure d’emergenza.
Al presidente Saied chiediamo inoltre di impegnarsi ad attuare le raccomandazioni della Commissione per la giustizia transitoria, a eleggere i restanti membri della Corte costituzionale e a mantenere in vigore la moratoria sulla pena di morte.
“Il presidente Saied ha la grande opportunità di far ripartire le riforme e di segnalare il suo impegno per i diritti umani dando priorità a queste cinque misure fondamentali“, ha dichiarato in una nota ufficiale Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
Dal novembre 2015 le autorità tunisine si sono servite di un decreto presidenziale del 1978 per imporre un continuo stato d’emergenza. Il decreto, che conferisce all’esecutivo ampi poteri di sospendere i diritti alle libertà di espressione, manifestazione, associazione e movimento, è stato ripetutamente invocato per imporre misure di emergenza in modo spesso arbitrario, discriminatorio e sproporzionato dando luogo a una serie di violazioni dei diritti umani.
Il decreto è stato criticato per essere assai vago, per la mancanza di supervisione giudiziaria e costituzionale e per il fatto che può essere rinnovato all’infinito.
“Da quasi quattro anni le autorità tunisine ricorrono a misure d’emergenza arbitrarie e sproporzionate. Lo stato d’emergenza dev’essere invece una misura eccezionale e temporanea e non può diventare la norma. Dev’essere riesaminato periodicamente in modo serio e la decisione sul rinnovo dev’essere riservata al potere esecutivo e deve permettere controlli e monitoraggi effettivi“, ha aggiunto Morayef.
Dalla rivolta del 2010-11 le autorità tunisine hanno fatto importanti ma limitati progressi rispetto all’accertamento delle violazioni dei diritti umani del passato, attraverso i lavori della Commissione per la verità e la dignità.
Nel dicembre 2018 la Commissione ha pubblicato le sue conclusioni e raccomandazioni, tra le quali la riforma del settore della sicurezza e di quello giudiziario, la protezione del diritto alla vita, la libertà dai maltrattamenti e dalla tortura, una più forte protezione del diritto a un processo equo e altre questioni relative alle riforme istituzionali e alla trasparenza di governo.
Dieci mesi dopo il governo deve ancora presentare un piano per attuare le raccomandazioni e pubblicare il rapporto della Commissione nella Gazzetta ufficiale, come richiesto per legge.
Al presidente Saied chiediamo dunque di accelerare il processo di giustizia transitoria pubblicando il rapporto della Commissione e sollecitando il governo entrante ad adottare un piano dettagliato per attuarne le raccomandazioni.
La Commissione ha disposto il rinvio a processo per 173 gravi casi di violazioni dei diritti umani. Il presidente Saied dovrà seguire da vicino questi processi e assicurare che tutte le componenti del governo, compreso il ministero dell’Interno, collaborino con le camere speciali istituite per svolgere questi processi.
“Per sanare le ferite del passato le vittime devono ricevere una riparazione e va fatto un ulteriore lavoro per assicurare verità e giustizia per le gravi violazioni del passato e impedire che si ripetano in futuro“, ha sottolineato Morayef.
Sotto il precedente governo il tentativo di rendere pienamente operativa la Corte costituzionale si è scontrato con la mancanza del consenso parlamentare rispetto alle nomine dei posti vacanti.
Chiediamo al presidente Saied di sollecitare il parlamento a eleggere i restanti membri di sua competenza senza ulteriore ritardo. Quanto ai giudici di nomina presidenziale, dovrebbero essere figure impegnate nel rispetto dei diritti umani, dato che la protezione dei diritti è parte integrante della Costituzione.
Infine, sebbene dal 1991 non vi siano più state esecuzioni, i tribunali continuano a emettere condanne a morte, soprattutto nei casi legati al terrorismo. Per questo chiediamo al presidente Saied di mantenere la moratoria sulla pena di morte e di agire in direzione dell’abolizione.