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Centinaia di prigionieri sono in sciopero della fame, alcuni sin dal 12 settembre, in decine di carceri della Turchia. I detenuti protestano contro il rifiuto delle autorità di Ankara di autorizzare colloqui tra Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, e il suo avvocato. Chiedono inoltre di poter usare la loro madrelingua curda nella sfera pubblica e nel campo dell’istruzione.
Lo sciopero della fame è una protesta pacifica e le autorità della Turchia hanno il dovere di rispettare il diritto alla libertà d’espressione dei prigionieri, compreso il diritto a protestare in tale forma.
Amnesty International si è detta preoccupata per le notizie secondo le quali prigionieri in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran sono stati posti in isolamento e che in quella di Tekirdag le guardie carcerarie hanno sottoposto a maltrattamenti chi sta prendendo parte alla protesta. Le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l’accesso ad acqua, zucchero, sale, vitamine e altre sostanze che vengono aggiunte all’acqua assunta dai prigionieri in sciopero della fame.
Amnesty International ha sollecitato le autorità turche a garantire che non saranno prese misure punitive nei confronti dei prigionieri in sciopero della fame e che sia rispettato il divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti. Ha inoltre chiesto che i prigionieri in sciopero della fame abbiano adeguato accesso a personale medico qualificato e a ogni trattamento di cui abbiano bisogno. Infine, ha preteso l’avvio di indagini immediate, approfondite, imparziali ed efficaci su tutte le denunce di punizioni e maltrattamenti inflitti a detenuti in sciopero della fame.