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Si svolgerà il 21 aprile, presso il tribunale n. 1 di Smirne, la seconda udienza del processo nei confronti di 29 persone accusate di aver diffuso messaggi attraverso Twitter nei primi giorni delle proteste di Gezi Park, a Istanbul, nel giugno 2013.
Gli imputati, ‘colpevoli’ di aver postato tweet in cui denunciavano le violenze delle forze di polizia o sollecitavano cure mediche per i manifestanti, rischiano fino a tre anni di carcere per incitamento a violare la legge.
Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International sulla Turchia, assisterà all’udienza:
‘Questo caso è una farsa che non avrebbe mai dovuto arrivare in un’aula di tribunale. Siamo di fronte a una chiara violazione del diritto alla libertà d’espressione. È assurdo che delle persone rischino di finire in carcere solo per aver condiviso informazioni e opinioni del tutto pacifiche sui social media. Farlo è un loro diritto’ – ha dichiarato Gardner.
Mentre i principali mezzi d’informazione non hanno documentato le proteste, i social media hanno avuto un ruolo determinante nelle proteste di maggio e giugno del 2013 che da Gezi Park e piazza Taksim di Istanbul si sono propagate a tutto il paese.
Le autorità turche hanno reagito attaccando Twitter e altri social media. Nel marzo 2014, Twitter e YouTube sono stati bloccati. Il bando nei confronti di Twitter è stato revocato, ma le autorità continuano a minacciare la sua chiusura. YouTube rimane bloccato nonostante un tribunale abbia disposto la revoca del provvedimento.