Turchia, uso della forza durante le proteste, possibile tortura

19 Giugno 2025

© Hayri Tunç

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Amnesty International ha sollecitato le autorità turche a svolgere indagini immediate, indipendenti, imparziali ed efficaci sulle denunce di violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia durante le proteste di massa di marzo. In alcuni casi, queste violazioni possono aver costituito tortura.

In una ricerca intitolata Non posso respirare’: denunce di maltrattamenti e torture durante le proteste di marzo, Amnesty International ha documentato le violenze delle forze di polizia durante e dopo le proteste, ampiamente pacifiche, svolte a livello nazionale dopo gli arresti, il 19 marzo, di Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul e candidato alle elezioni presidenziali per il Partito popolare repubblicano, e di altre 91 persone.

“Abbiamo riscontrato prove schiaccianti del frequente uso illegale della forza contro persone che manifestavano pacificamente, colpite con gas lacrimogeni, proiettili a impatto cinetico e cannoni ad acqua per aver esercitato semplicemente i loro diritti”, ha dichiarato Esther Major, vicedirettrice delle ricerche sull’Europa di Amnesty International.

“Le violazioni dei diritti umani che abbiamo documentato hanno costituito trattamenti crudeli, inumani e degradanti e, in alcuni casi, possono essere equiparate a tortura. Questi atti illegali di violenza devono essere indagati immediatamente e i responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia e processati in modo equo”, ha aggiunto Major.

Le persone che hanno preso parte pacificamente alle manifestazioni hanno riportato numerose ferite che hanno anche reso necessarie cure ospedaliere.

Secondo fonti ufficiali sono state arrestate almeno 1879 persone, oltre 300 delle quali poste in detenzione preventiva. Almeno otto giornalisti e quattro avvocati sono stati incriminati ai sensi della Legge sulle riunioni e sulle manifestazioni, che criminalizza la partecipazione a raduni non autorizzati. Ad aprile hanno preso il via decine di procedimenti, durante i quali centinaia di persone sono comparse in tribunale e altri sono seguiti nei mesi successivi.

“Mi hanno trascinato via mentre ero a terra in ginocchio”

Amnesty International ha intervistato 17 persone che avevano preso parte alle manifestazioni e diversi avvocati. Il suo Evidence Lab ha esaminato decine di filmati che mostrano persone manifestanti picchiate, prese a calci e trascinate via anche mentre si stavano allontanando, non stavano ponendo alcuna resistenza o erano già state immobilizzate.

Amnesty International ha ottenuto ed esaminato atti giudiziari, certificati medici, testimonianze e denunce descriventi le ferite e i maltrattamenti inferti e che confermano quanto riferito nelle interviste.

Cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e proiettili a impatto cinetico sono stati usati, spesso da distanza ravvicinata, mirando alla testa e al tronco, in violazione delle norme e degli standard internazionali sui diritti umani. Spray al peperoncino è stato spruzzato direttamente sul volto delle persone, spesso da meno di un metro di distanza, causando bruciature, dolori e infiammazioni.

Gli avvisi della polizia prima dello sgombero delle proteste non hanno rispettato le norme nazionali e internazionali: il tempo e lo spazio a disposizione per lasciare volontariamente e in sicurezza le manifestazioni non sono stati sufficienti. Quasi tutte le persone intervistate da Amnesty International hanno dichiarato che non hanno sentito gli annunci della polizia via megafono o che è stato immediatamente fatto ricorso alla forza dopo il preavviso.

Il 23 marzo, in una manifestazione a Istanbul, senza dare tempo dopo l’ordine di disperdersi, le forze di polizia hanno iniziato subito a usare spray al peperoncino e proiettili a impatto cinetico. Molte persone hanno cercato di sdraiarsi a terra una sopra le altre mentre la polizia continuava a spruzzare la sostanza chimica e a picchiarle.

“Tutte le persone intorno a me urlavano ‘Non riesco a respirare’, ognuna sopra l’altra come una piramide umana di 30 persone”, ha raccontato ad Amnesty International una persona che aveva preso parte alla protesta.

Sempre il 23 marzo a Istanbul, in piazza Saraçhane, un uomo è stato colpito ad un occhio da un proiettile a impatto cinetico: ha subito un intervento di vitrectomia per rimuovere l’umor vitreo e da allora non ha più recuperato l’intera vista dall’occhio. Ad Ankara un altro manifestante ha riportato la frattura a un piede, colpito dal getto di un cannone ad acqua.

Un 27enne che aveva partecipato a una protesta a Istanbul il 22 marzo, ha riferito tramite il suo avvocato: “Mi hanno picchiato così duramente che non riuscivo a camminare, continuavo a cadere. Mi hanno trascinato via mentre ero a terra in ginocchio. Pensavo che sarei morto”.

Questa è la testimonianza di un altro uomo che aveva preso parte a una manifestazione a Istanbul il 23 marzo:

“Sei o sette agenti mi hanno preso a calci e pugni sul volto e in testa. Uno mi ha dato un calcio volante sul petto. Ho perso alcuni denti mentre mi picchiavano. Nel frattempo, mi urlavano insulti come ‘Violenterò tua madre e tua sorella, figlio di p…’”

Sono state riferite anche minacce di violenza sessuale.

Lo studente Eren Üner è stato arrestato il 24 marzo nella sua abitazione di Istanbul, portato in una stazione di polizia e lì picchiato, dopo aver rilanciato sui social media post in cui agenti di polizia si vantavano di aver sottoposto a maltrattamenti le persone manifestanti. Lo studente ha raccontato:

“Mi hanno detto che mi avrebbero fatto salire dalla porta posteriore dell’autobus della polizia antisommossa e avrebbero fatto uscire il mio corpo dalla porta anteriore. I dirigenti hanno detto che mi avrebbero inserito un manganello nell’ano e hanno chiesto agli altri agenti di polizia di passarglielo. Poi non è successo”.

“Dalle nostre ricerche emerge chiaramente quanto è accaduto in Turchia durante le ampiamente pacifiche proteste di marzo: un palese assalto ai diritti alla libertà di espressione e di protesta pacifica”, ha commentato Major.

“I casi di uso non necessario della forza non sono stati isolati ma hanno riflettuto un modello che prevedeva di prendere sistematicamente di mira persone che stavano protestando pacificamente, stavano assistendo alle proteste o cercavano di allontanarsene. Queste violazioni dei diritti umani sono le ultime di una grave e costante repressione dell’espressione del dissenso pacifico. Chiediamo alle autorità turche di assicurare che saranno indagate, che i responsabili saranno portati di fronte alla giustizia e che le vittime riceveranno riparazioni per i danni subiti”.

Ulteriori informazioni

Ai sensi del diritto internazionale, gli stati hanno l’obbligo giuridico di rispettare e garantire il diritto alla libertà di protesta pacifica di coloro che vogliono riunirsi con altre persone. Ogni limitazione di tale diritto dev’essere previsto per legge, perseguire un obiettivo legittimo ed essere necessario e proporzionato rispetto a quest’ultimo.

Divieti generalizzati di protesta si presumono sproporzionati. Le limitazioni ai raduni devono basarsi su una valutazione caso per caso rispetto alla condotta di specifici partecipanti o a una specifica manifestazione. Qualsiasi uso della forza da parte delle forze di polizia dev’essere strettamente necessario e proporzionale e può essere usata solo la minima forza necessaria. Coloro che ricorrono alla forza in modo illegale devono essere chiamati a risponderne.

Ekrem İmamoğlu è stato posto in detenzione preventiva il 23 marzo, proprio il giorno in cui il suo partito lo aveva nominato, al termine di primarie non ufficiali cui avevano preso parte oltre 15 milioni di persone, come principale candidato dell’opposizione alle prossime elezioni presidenziali. È stato rimosso dall’incarico, come i suoi colleghi sindaci dei municipi istanbulioti di Şişli e Beylikdüzü, a loro volta sotto accusa.

In seguito, ci sono state altre quattro ondate di arresti nei confronti di rappresentanti eletti, personale della città metropolitana di Istanbul e di alcuni municipi della città.