Ucraina: necessarie indagini credibili sul susseguirsi di morti sospette

18 Aprile 2015

Tempo di lettura stimato: 6'

di John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International

L’uccisione del giornalista Oles Buzina, avvenuta questa settimana in una strada di Kiev, è stata sufficientemente scioccante di per sé. Secondo il ministero degli interni ucraina, il giornalista 45enne – molto noto per le sue opinioni filorusse – è stato colpito da aggressori col volto coperto che gli hanno sparato da un’auto in corsa.

Rende ancora più agghiacciante la sua uccisione il fatto che è stata solo l’ultima di una serie di morti sospette di ex alleati del presidente ucraino deposto Viktor Janukovič. Il suo omicidio è avvenuto a un solo giorno di distanza da quello di un oppositore politico, Oleg Kalašnikov, anch’egli ucciso da colpi di arma da fuoco nella capitale. Le morti di questa settimana non sono le uniche. A partire dalla fine di gennaio, diverse persone alleate con l’ex presidente Janukovič sono state trovate prive di vita – molte in circostanze sospette. Sono stati uccisi anche Oleksandr Peklušenko, ex governatore regionale, e Stanislav Melnik, ex parlamentare. Mihailo Čečtov, ex vicepresidente del Partito delle regioni del presidente Janukovič, è misteriosamente precipitato da una finestra del suo appartamento al 17° piano. Serhij Valter, sindaco della città sudorientale di Melitopol, è stato trovato impiccato, così come Okeksij Kolesnik, ex capo del governo regionale di Harkiv. Oleksandr Bordiuh, ex vicecapo della polizia di Melitopol, è stato trovato privo di vita nella sua abitazione.

Questa sequenza di morti ha messo in grande difficoltà le autorità ucraine. Inizialmente, la polizia si è affrettata a classificarne molte come suicidi. È certamente plausibile che alcuni decessi possano essere stati suicidi o risultato di incidenti. Tuttavia, in assenza di indagini credibili e considerata la rapida successione delle morti nel più ampio contesto dell’attuale clima politico in Ucraina, non si può escludere che alcune siano state motivate politicamente. Ma per mano di chi? Senza indagini indipendenti, imparziali ed esaurienti non lo sapremo mai.

La maggior parte dei decessi è avvenuta in circostanze misteriose. Forse perché se ne sono rese conto, le autorità hanno aperto indagini per alcuni casi. Ma Amnesty International non ha ancora visto prove di risultati credibili da tali indagini. Occorrono indagini immediate, imparziali ed efficaci. Se l’Ucraina intende iniziare ad affrontare il problema della diffusa impunità per gravi violazioni dei diritti umani, tutte quelle indagini devono essere credibili.

Un recente rapporto di Amnesty International ha rivelato, per esempio, come praticamente nessuno è stato chiamato a rispondere per oltre 100 uccisioni e per un numero ancora più alto di pestaggi e maltrattamenti della polizia ai danni dei manifestanti durante le proteste di EuroMaydan nel febbraio 2014. Oltre alla persistente mancanza di giustizia per le uccisioni durante le proteste EuroMaydan e la recente successione di morti di oppositori, l’organizzazione ha anche documentato un preoccupante aumento di altre forme di persecuzione.

Politici dell’opposizione subiscono violenze, spesso effettuate da gruppi o singoli individui vicini alla destra. Al tempo stesso, esponenti del mondo dell’informazione subiscono vessazioni da parte delle autorità. Tra loro, il giornalista e famoso blogger Ruslan Kotsaba, recentemente dichiarato prigioniero di coscienza da Amnesty International, il primo dopo cinque anni. Rischia più di 10 anni di carcere con l’accusa di ‘alto tradimento’ e per le sue opinioni sul conflitto nell’Ucraina orientale.

Ruslan Kotsaba è stato arrestato il 7 febbraio a Ivano-Frankivs’k, una città a 130 chilometri a sudest di Leopoli, dopo aver pubblicato su internet un video che descriveva il conflitto come ‘la guerra civile fratricida del Donbass. Egli si era anche dichiarato contrario alla leva militare di ucraini per partecipare al conflitto.

Il 31 marzo è stato formalmente incriminato per ‘alto tradimento’ e rischia fino a 15 anni di carcere, oltre a ulteriori otto anni per l’accusa di ‘ostacolare le attività legittime delle forze armate’. Amnesty International ha chiesto il suo rilascio immediato e incondizionato e considera il trattamento inflittogli come una sfacciata limitazione al diritto alla libertà di espressione.  La libertà di esercitare pacificamente quel diritto era uno dei principali slogan dei manifestanti di EuroMaydan.

Negare ora lo stesso diritto agli alleati di Janukovič e ad altri membri dell’opposizione – con la prigione, la morte o la mancanza di un’indagine effettiva – sarebbe il colmo dell’ipocrisia. Ed è anche un tradimento dei diritti umani, che devono essere tutelati nei confronti di chiunque, indipendentemente dalle sue opinioni politiche.