Ungheria, la legge anti-Lgbtqia+ viola il diritto dell’Unione europea

5 Giugno 2025

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In seguito alla pubblicazione del parere dell’avvocata generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Tamara Ćapeta, secondo cui la legge ungherese che vieta la “presentazione” e la “promozione” di contenuti relativi alle persone Lgbtqia+ nelle scuole e nei mezzi di informazione viola il diritto dell’Unione stessa, Dávid Vig, direttore di Amnesty International Ungheria, ha dichiarato:

“Oggi l’avvocata generale ha affermato chiaramente che questa legge non ha posto né in Ungheria né nell’Unione europea. Si tratta di una norma discriminatoria che viola diversi diritti umani e diffonde l’idea che la vita delle persone Lgbtqia+ non abbia pari valore”.

“Nonostante la procedura in corso, a marzo il governo ungherese ha fatto ricorso alla legge di propaganda per limitare la libertà di riunione, con l’intento di vietare manifestazioni e marce pacifiche a supporto della comunità Lgbtqia+. Il parere di oggi rappresenta un segnale molto chiaro: solo un’azione legale immediata da parte dell’Unione europea può garantire che le persone possano esercitare i propri diritti”.

Il parere dell’avvocata generale evidenzia che la legge ungherese viola la libertà di fornire e ricevere servizi, come previsto dal diritto dell’Unione e da diverse direttive europee, tra cui quella sul commercio elettronico, sui servizi e sui media audiovisivi, oltre che dal Regolamento generale sulla protezione dei dati. Inoltre, interferisce con diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tra cui il divieto di discriminazione basata su orientamento sessuale e identità di genere, il rispetto della vita privata e familiare, la libertà di espressione e d’informazione e la dignità umana.

Adottata nel 2021 dal Parlamento ungherese, la legge ha avuto un impatto significativo sulla vita delle persone e dei gruppi Lgbtqia+ nel paese, rafforzando stereotipi e atteggiamenti discriminatori e limitando la libertà di espressione. Per questi motivi, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Ungheria, sfociata nel 2022 nel deferimento alla Corte di giustizia, con il sostegno di 16 stati membri e del Parlamento europeo.

Sebbene il parere dell’avvocata generale non sia vincolante per la Corte, esso rappresenta un’indicazione importante sull’orientamento che quest’ultima potrebbe assumere. La sentenza è attesa nella seconda metà dell’anno.