Orientamento sessuale, identità di genere, espressione di genere e caratteri sessuali sono causa di discriminazione, esclusione sociale ed economica in moltissimi stati del mondo. La comunità Lgbtqia+ subisce trattamenti iniqui su ampia scala che colpiscono molti aspetti della vita pubblica e privata delle persone, esponendole a molteplici violazioni dei diritti umani: stigmatizzazione, aggressioni, criminalizzazione, bullismo, discriminazioni nel mondo del lavoro, nell’accesso ai servizi sanitari, nel godimento dei diritti sessuali e riproduttivi e del diritto a formare una famiglia.
Spesso accade che le persone Lgbtqia+ siano aggredite, picchiate e persino uccise per ciò che sono.
Nel 2024 sono 63 gli stati in cui gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso sono criminalizzati: tra questi 8 prevedono espressamente la pena di morte e in 5 il quadro legale non consente di escluderla (fonte: Ilga World Database). Le violazioni dei diritti umani e gli abusi ai danni delle persone Lgbtqia+ nei paesi che ne criminalizzano le azioni sono moltissime.
Sono solo pochi di più gli stati che, attualmente, vietano esplicitamente nella propria carta costituzionale la discriminazione basata su orientamento affettivo e sessuale, identità di genere e espressione di genere.
Secondo i dati Osce, nel 2022 sono stati segnalati dai 25 paesi partecipanti all’indagine 1052 crimini d’odio di matrice omolesbobitransfobica perpetrati in 36 paesi (tra i quali ovviamente non sono presenti quelli che criminalizzano la comunità Lgbtqia+), 635 dei quali consistenti in atti di violenza contro la persona, 335 corrispondenti a minacce e 82 ad attacchi contro proprietà privata.
Anche quest’anno scenderemo nelle principali piazze e strade italiane accanto ai Pride e porteremo la campagna “Proteggo la protesta”, declinata in chiave Lgbtqia+.
Ecco dove puoi trovarci!
“Proteggo la protesta, proteggo il Pride” mira a trasmettere un messaggio di tutela e rivendicazione degli spazi di protesta e proposta, con un’attenzione particolare alle battaglie per i diritti umani di tutte le persone. In un contesto politico che spesso mina i diritti delle persone Lgbtqia+, è fondamentale promuovere la libertà di espressione e il diritto alla protesta.
Nel 2024 è stato lanciato lanciato il rapporto “A rischio di estinzione” che denuncia il rapido e recente deterioramento della situazione per la comunità Lgbtqia+ in numerosi paesi africani, molti dei quali hanno introdotto leggi che reprimono e puniscono con condanne fino all’ergastolo e alla pena di morte gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso.
L’esempio peggiore è quello dell’Uganda, dove una legge chiamata letteralmente “anti-omosessualità” non solo punisce il reato di cosiddetta “omosessualità aggravata” con la pena di morte, ma prevede anche detenzione fino a 20 anni per chiunque “promuova l’omosessualità”, impedendo di fatto qualsiasi attività di sostegno e sensibilizzazione in favore della comunità Lgbtqia+.
L’Italia non ha ancora una legge che, in maniera esplicita, faccia riferimento ai crimini d’odio e agli atti discriminatori contro la comunità Lgbtqia+.
Sono diversi gli ambiti sui quali abbiamo posizione chiedendo un cambiamento.
A partire dalla previsione di dispositivi di legge che riconoscano e perseguano gli atti discriminatori ai danni delle persone Lgbtqia+, così come la revisione dei meccanismi per la raccolta dati finalizzata all’analisi di questo fenomeno. Queste richieste sono contenute nell’appello di Amnesty International Italia #hounorgogliochenonpassa.
L’Italia, inoltre, non prevede il matrimonio egualitario.
Nel 2023 il governo ha chiesto alle amministrazioni locali di interrompere la trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie omoaffettive nati all’estero. Questo significa che solo il genitore con un legame biologico viene registrato, negando di fatto ai bambini delle coppie omogenitoriali di godere a pieno di diritti e tutele.
Anche il tema delle carriere alias nelle scuole è al centro del dibattito: si moltiplicano i casi di scuole che negano alle persone transgender la possibilità di sostituire, nei registri e negli altri atti e documenti interni all’istituto scolastico, il nome anagrafico con un nome scelto dalla persona stessa. Non vi è ancora, infatti, una normativa che regoli l’applicazione di questa procedura a livello nazionale.
Nel 2021 viene discusso in parlamento un disegno di legge per contrastare la discriminazione che include in modo esplicito anche le forme di odio contro la comunità Lgbtqia+, la misoginia e l’abilismo. Ma non passa.
Non passa neanche la necessità di cambiamento. Non passano l’orgoglio, l’amore, la rabbia, la paura, la speranza.
Nel mese di ottobre 2021, il ddl Zan (chiamato così perché proposto dal deputato Alessandro Zan) viene affossato in Senato. Il testo prevedeva che alcune delle disposizioni contenute nell’articolo 604 bis del codice penale per contrastare la “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” venissero estese anche alle discriminazioni basate su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Trascorsi sei mesi il Partito democratico annuncia di aver ripresentato il testo, stavolta partendo dal Senato, identico a quello che a suo tempo era stato presentato da Zan.
Amnesty International avvia una campagna a sostegno dell’approvazione del dispositivo, per dare finalmente risposta a un bisogno che “non passa”, quello di strumenti legislativi efficaci per la prevenzione e il contrasto della discriminazione, includendo in modo esplicito tra le forme di discriminazione anche quella contro la comunità Lgbtqia+, la misoginia e l’abilismo.
Trascorrono altri mesi e a ottobre 2022 si insedia un governo di destra. Il deputato Alessandro Zan annuncia di aver depositato nuovamente il testo, questa volta privo degli articoli che erano stati oggetto delle polemiche più aspre.
Amnesty International continua a sostenere, con la campagna #hounorgogliochenonpassa, l’urgenza di una normativa che intervenga su questa materia: una legge può non passare, ma non passa la necessità di cambiamento sulla quale si fonda. Quella di colmare un vergognoso vuoto che non consente di combattere in modo adeguato gli atti discriminatori verso la comunità Lgbtqia+, oppure basati su misoginia e abilismo; che non riconosce il diritto a non essere discriminato di chi è attaccato su queste basi.