Usa: rapporto sulle violenze delle forze di polizia contro i manifestanti del movimento BLM

4 Agosto 2020

© Amnesty International (Photo: Alli Jarrar)

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Usa: rapporto di Amnesty International sulle violenze delle forze di polizia contro i manifestanti del movimento Black Lives Matter

Un rapporto reso noto oggi da Amnesty International Usa ha denunciato 125 casi di violenza delle forze di polizia contro manifestanti, medici, giornalisti e osservatori sul rispetto della legge in 40 stati e nel Distretto federale di Columbia tra maggio e giugno, dopo l’uccisione di George Floyd.

Il rapporto, corredato da una mappa interattiva, raccoglie le testimonianze di oltre 50 persone che hanno preso parte a quello che sta diventando il più grande movimento sociale nella storia degli Usa.

Il ricorso alla forza non necessaria e a volte eccessiva da parte delle forze di polizia durante le manifestazioni mostra la natura sistematica del razzismo e dell’impunità che hanno spinto tante persone a protestare. Persone che stavano semplicemente esercitando il loro diritto di manifestare pacificamente sono state affrontate con una violenza tale da aver perso la vista, aver subito pestaggi e aver riportato gravi ferite“, ha dichiarato Ernest Coverson, direttore della campagna per porre fine alla violenza delle armi da fuoco di Amnesty International Usa.

L’amministrazione Trump ha intensificato la repressione in stile militare e il procuratore generale William Barr si ostina a difendere il recente impiego delle truppe federali a Portland e minaccia di inviarne in altre città. Le azioni del presidente Trump sono indice di un declino verso l’autoritarismo e devono essere immediatamente fermate. Abbiamo bisogno di cambiare l’approccio delle forze di polizia a ogni livello, locale, statale e federale“, ha aggiunto Justin Mazzola, ricercatore di Amnesty International Usa.

Uso non necessario della forza

Durante le proteste le forze di polizia, ancora prima di affrontare specifiche minacce o violenze, hanno usato immediatamente violenza fisica, sostanze chimiche irritanti come gas lacrimogeni e spray al peperoncino e proiettili a impatto cinetico. Le violazioni si sono verificate anche durante arresti e detenzioni.

Quella di usare i gas lacrimogeni durante la pandemia da Covid-19 contro manifestanti che indossavano le mascherine e cercavano di mantenere il distanziamento fisico è stata una scelta particolarmente scellerata che ha aumentato i rischi di complicazioni respiratorie e ha fatto spargere nell’aria particelle atte a diffondere il virus.

Tra il 26 maggio e il 5 giugno, in 13 diverse città, Amnesty International Usa ha verificato almeno sei casi in cui sono stati usati i manganelli e 13 casi in cui sono stati impiegati proiettili a impatto cinetico come le pallottole di gomma e le granate di spugna.

In numerosi casi, i gas lacrimogeni e lo spray al peperoncino sono stati usati immediatamente per disperdere le manifestazioni: 89 volte in 34 stati nel primo caso, 21 volte in 15 stati e nel Distretto federale di Columbia nel secondo.

Queste tattiche non necessarie ed eccessive sono state impiegate anche contro medici, giornalisti e osservatori sul rispetto della legge.

Danielle Meehan, infermiera di un reparto di terapia intensiva, ha salvato la vita di Aubreanna Inda, una studente di 26 anni colpita al petto da una granata stordente a Seattle: “A un certo punto mi ha detto ‘Mi sento morire’. Abbiamo perso il suo polso tre o quattro volte e ogni volta l’abbiamo letteralmente resuscitata con la rianimazione cardio-polmonare“.

La studente rabbinica Lizzie Home ha raccontato come le forze di polizia abbiano usato i gas lacrimogeni e lo spray al peperoncino contro un ampio gruppo di manifestanti, di cui faceva parte, intrappolato accanto alla carreggiata di una strada a scorrimento veloce di Philadelphia: “All’improvviso hanno iniziato a spruzzarci contro lo spray al peperoncino, poi sono passati ai gas lacrimogeni. Uno che stava proprio di fronte a me è stato colpito alla testa da un candelotto e ha iniziato a correre tornando indietro. Abbiamo cercato di aiutarlo, bagnandogli gli occhi. Poi ha perso conoscenza“.

Questa è la testimonianza di Elena Thoman, 17 anni, colpita dai gas lacrimogeni a Denver: “All’inizio è come quando tagli le cipolle, poi aumenta fino a quando senti la pelle bruciare. Mi si sono aperte delle ferite che hanno continuato a bruciare per un’ora. Tossivo tantissimo. Ho dovuto togliermi la mascherina, nonostante il Covid, perché si era riempita di gas“.

Ed Ou, fotogiornalista di NBC News ha descritto così l’attacco subito da lui e da altri colleghi a Minneapolis, che gli è costato quattro punti di sutura alla testa: “Gridavamo in continuazione ‘stampa, stampa’ ma continuavano ad agitare la bomboletta di spray al peperoncino e a spruzzarcelo contro. Quando siamo arretrati fino a un punto senza via d’uscita ci hanno preso a manganellate e hanno ripreso a usare lo spray al peperoncino ma anche gas lacrimogeni e granate. Stavo perdendo sangue. Nonostante le mie richieste di aiuto, non c’è stato un solo agente che mi abbia dato assistenza. Ho passato la maggior parte della mia carriera in posti dove dovevo nascondere di essere un giornalista e fare attenzione a condividere materiali. E questo è uno di quei posti dove dovrei poter dire chi sono e cosa faccio“.

Jack (nome di fantasia), osservatore sul rispetto della legge, è stato picchiato dalla polizia di Chicago.
Tre o quattro agenti mi hanno spinto contro una barriera di cemento, poi mi hanno buttato contro una rampa d’accesso per le sedie a rotelle. Sono caduto all’indietro. Non ho fatto neanche in tempo a guardarmi intorno che hanno iniziato a picchiarmi coi manganelli. Un altro manifestante ha cercato di fermarli ed è stato picchiato a sua volta. La gente urlava ‘è un osservatore’. Mi sono accovacciato per cercare di proteggermi mentre ripetevo ‘Non sto facendo resistenza’“.

Il rapporto di Amnesty International Usa termina con una serie di raccomandazioni sul comportamento delle forze di polizia durante le proteste.

La prima riguarda l’approvazione, da parte del Congresso, della Legge per proteggere i nostri manifestanti (HR 7315). Le altre sono rivolte alle varie agenzie che si occupano di ordine pubblico, affinché rivedano le loro politiche e le loro prassi rendendole coerenti col Codice di condotta delle Nazioni Unite per i funzionari addetti all’ordine pubblico e ai Principi guida delle Nazioni Unite sull’uso della forza e delle armi da fuoco da parte dei funzionari addetti all’ordine pubblico prima, durante e dopo le manifestazioni.

Amnesty International Usa chiede infine al dipartimento della Giustizia e ai procuratori degli stati interessati di avviare indagini efficaci, indipendenti e rapide su tutte le denunce di violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia durante le manifestazioni, compreso l’uso illegale della forza, e chiamare i responsabili a renderne conto attraverso, secondo i casi, procedimenti disciplinari o giudiziari e fornire piena riparazione alle vittime.