Tempo di lettura stimato: 3'
Amnesty International ha espresso la sua condanna per il verdetto emesso il 28 agosto dalla corte distrettuale di Haifa, secondo il quale il governo israeliano non ha alcuna responsabilità per la morte di Rachel Corrie, l’attivista statunitense uccisa il 16 marzo 2003 mentre cercava di impedire la distruzione di una casa palestinese, nel sud di Gaza.
Secondo il giudice Oded Gershon, Israele non è responsabile dei ‘danni causati’, perché il bulldozer Caterpillar D9 che schiacciò Rachel Corrie era impegnato in un combattimento.
‘Trascorsi oltre nove anni dalla morte di Corrie, le autorità israeliane devono ancora rispettare la promessa di svolgere un’indagine ‘approfondita, credibile e trasparente’. Al contrario, il tribunale di Haifa ha confermato le conclusioni dell’inadeguata indagine interna dell’epoca, emettendo una sentenza che tiene ancora una volta l’esercito israeliano al riparo dalla giustizia’ – ha dichiarato Amnesty International.
‘Quando venne uccisa, Rachel Corrie era chiaramente identificabile come civile, indossava una pettorina arancio fluorescente. Insieme ad altri attivisti non violenti, stava manifestando pacificamente da ore contro la demolizione delle case dei palestinesi quando il bulldozer israeliano passò sopra di lei’.
Come già emerso in occasione delle inchieste interne riguardanti l’operazione Piombo fuso lanciata dalle forze israeliane contro Gaza il 27 dicembre 2008, le indagini militari sono prive di indipendenza, imparzialità, trasparenza, adeguate competenze e sufficienti poteri d’inchiesta.
In occasione del verdetto, Amnesty International ha denunciato ancora una volta la politica israeliana di demolire le abitazioni e altre strutture civili nei Territori palestinesi occupati, una pratica pressoché costante nella Cisgiordania occupata. Nel 2011, oltre 600 demolizioni hanno causato lo sgombero forzato di almeno 1100 persone. Nei primi sette mesi del 2012, le autorità israeliane hanno demolito 327 strutture, rendendo sfollate 575 persone.