Veto russo al Consiglio di sicurezza nega aiuti indispensabili a milioni di siriani

11 Gennaio 2020

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di Diana Semaan, ricercatrice sulla Siria di Amnesty International

Le già disastrose condizioni umanitarie in cui versano milioni di siriani della provincia di Idlib sono destinate a peggiorare ulteriormente per il veto posto da Russia e Cina al rinnovo del meccanismo stabilito attraverso la Risoluzione 2165 del 2014 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che permetteva all’Onu e ai suoi partner operativi di consegnare aiuti, attraverso i paesi confinanti con la Siria, nelle aree sotto il controllo dei gruppi d’opposizione.

Ancora una volta, il Consiglio di Sicurezza ha abbandonato completamente la popolazione siriana. Già in passato, i ripetuti veti di Russia e Cina avevano di fatto bloccato qualsiasi tentativo di assicurare giustizia per i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi in Siria.

Questa volta, però, le conseguenze avranno un effetto diretto e immediato sulle vite dei civili che già lottano per la propria sopravvivenza, specialmente nella provincia di Idlib dove la popolazione civile sta subendo le conseguenze della più feroce escalation militare del governo siriano.

Le Nazioni Unite, dunque, non saranno più autorizzate a passare dalla Turchia per raggiungere la provincia di Idlib e consegnare aiuti umanitari vitali per 2,7 milioni di persone, compresi quelle sfollate da Aleppo, Homs, Deraa e altre zone del paese dall’inizio della crisi scoppiata nel 2011.

Solo grazie all’adozione della risoluzione 2165 nel 2014 e ai suoi successivi rinnovi, le agenzie delle Nazioni Unite e i loro partner operativi erano riusciti ad inviare 30.338 camion di aiuti umanitari in Giordania, Iraq e Turchia per aiutare milioni di persone nelle aree siriane sotto il controllo dei gruppi di opposizione.

La Russia, con il sostegno della Cina, ha bloccato il rinnovo della risoluzione il 20 dicembre 2019, tra l’altro uno dei mesi più violenti per la popolazione della provincia di Idlib, alle prese con un’intensificazione degli attacchi da parte delle forze governative siriane che hanno costretto circa 300.000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni in cerca di salvezza.

L’offensiva militare sulla provincia di Idlib, iniziata alla fine dell’aprile 2019, anche a causa della sospensione degli aiuti da parte di numerose organizzazioni locali e internazionali per via degli attacchi in corso, ha aumentato in maniera esponenziale il bisogno di aiuti umanitari e la necessità di accesso a servizi essenziali quali quelli sanitari.

Tra maggio e novembre 2019, l’Onu ha registrato l’evacuazione di almeno 630.000 persone, costrette a sfuggire agli attacchi delle forze russe e siriane e che vivono attualmente in campi ufficiali e informali, nei quali l’accesso a ricovero, cibo, abbigliamento invernale, coperte e riscaldamento adeguati è estremamente limitato.

Le strutture sanitarie della provincia di Idlib dipendono dalla consegna transfrontaliera di forniture mediche e chirurgiche e dal sostegno delle Nazioni Unite per l’attuazione dei programmi sanitari. Nel novembre 2019, 1,3 milioni di persone avevano usufruito di servizi sanitari nella Siria del nord.

Siria e Russia hanno già limitato l’acceso alla sanità pubblica distruggendo e danneggiando strutture mediche.

Amnesty International ha documentato attacchi indiscriminati e attacchi diretti su abitazioni, scuole, forni, strutture ospedaliere, sanitarie e di soccorso, con colpi di artiglieria e attacchi aerei che hanno causato la morte e il ferimento di centinaia di civili, compresi personale medico e di soccorso. È fondamentale che le strutture sanitarie abbiano accesso alle forniture mediche necessarie e siano protette dagli attacchi.

L’operato delle forze governative siriane ha generato la necessità di aiuti transfrontalieri. Nel 2014, le Nazioni Unite avevano compreso chiaramente che i civili nelle aree sotto controllo dei gruppi di opposizione non sarebbero riusciti ad avere accesso alle aree sotto il controllo governativo.

Il governo siriano ha bloccato ripetutamente le agenzie delle Nazioni Unite e i loro partner operativi nella consegna di aiuti alle popolazioni nelle aree controllate dai gruppi dell’opposizione.

I convogli degli aiuti umanitari venivano fatti tornare ai posti di blocco, le attrezzature mediche e le forniture sanitarie venivano confiscate dalle forze di sicurezza e mesi di ritardo erano necessari per ottenere autorizzazioni preventive: questi sono solo alcuni degli ostacoli che le agenzie umanitarie hanno dovuto affrontare in Siria.

In aree una volta assediate dal governo, gli aiuti umanitari sono stati utilizzati come merce di scambio per acquisire interessi strategici con i gruppi armati di opposizione. Molte volte durante la crisi, gli aiuti umanitari sono stati bloccati come punizione per i civili per le azioni dei gruppi armati di opposizione. Questa tattica “resa o fame” che Amnesty International ha documentato, viola in modo evidente i diritti umani internazionali e il diritto umanitario.

Se ora l’Onu e i suoi partner operativi non hanno più libero accesso alle persone in stato di necessità nelle aree sotto il controllo governativo, come crede la Russia che potranno essere consegnati gli aiuti umanitari nella provincia di Idlib o in altre aree sotto il controllo dei gruppi di opposizione?

Dal luglio 2019 l’Onu ha ripetutamente messo in guardia che si sarebbe verificata la “peggiore catastrofe umanitaria” nella provincia di Idlib in caso di mancata interruzione delle violenze. Ora quella catastrofe è in corso.

L’interruzione di questi attacchi vietati dal diritto internazionale umanitario e la garanzia di accesso libero agli aiuti umanitari potrebbero fermare la catastrofe e proteggere i civili.

Il Consiglio di Sicurezza deve istituire un nuovo meccanismo o rinnovare quello esistente per espletare il suo mandato e assicurare accesso libero agli aiuti umanitari per milioni di persone che oggi ne necessitano come non mai.