Vietnam: due cantautori rischiano 20 anni di prigione

29 Ottobre 2012

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Amnesty International ha chiesto l’immediato rilascio di due cantautori vietnamiti, che il 30 ottobre rischiano di essere condannati a 20 anni di carcere per ‘propaganda contro lo stato’, ai sensi dell’articolo 88 del codice penale.

Vo Minh Tri, conosciuto come Viet Khang, 34 anni e Tran Vu Anh Binh, famoso come Hoang Nhat Thong, 37 anni, sono stati arrestati nella seconda metà del 2011 e posti in detenzione preventiva nel carcere n. 4 di Phan Dang Luu, a Ho Chi Minh City. I loro brani parlano di giustizia sociale e diritti umani ma a provocare gli arresti sono stati quelli che criticano le pretese territoriali della Cina sul Mar cinese meridionale (Mar orientale per il Vietnam) e la reazione delle autorità vietnamite alle rivendicazioni di Pechino.

‘Questo è un modo grottesco di trattare le persone soltanto perché scrivono canzoni. Vo Minh Tri e Tran Vu Anh Bing sono prigionieri di coscienza, detenuti soltanto per aver esercitato in modo pacifico il loro diritto alla libertà di espressione, attraverso le loro canzoni e altre azioni nonviolente’ – ha dichiarato Rupert Abbott, ricercatore di Amnesty International sul Vietnam. ‘Le autorità vietnamite devono rispettare gli obblighi nazionali ed internazionali sul diritto alla libertà di espressione, anche attraverso la musica e altri mezzi di comunicazione’.

Il processo ai due cantautori rientra in un più generale giro di vite delle autorità vietnamite sulla libertà di espressione.

Un ulteriore esempio risale il 14 ottobre 2012, quando la polizia ha arrestato la ventenne Nguyen Phuomg Uyen e tre altri studenti universitari a Ho Chin Minh City. Mentre gli altri sono stati rilasciati lo stesso giorno, Nguyen Phuomg Uyen è rimasta in prigione e trasferita in un centro di detenzione nella provincia di Long An. Secondo quanto appreso da Amnesty International, la ragazza è stata accusata di aver preso parte alla distribuzione di volantini che criticavano le autorità cinesi e vietnamite.

La polizia ha inizialmente negato di averla arrestata, limitandosi a comunicare alla famiglia che la ragazza era indagata per ‘propaganda contro lo stato’.