Yemen, aumenta la repressione, altri due manifestanti uccisi

24 Febbraio 2011

Tempo di lettura stimato: 3'

Amnesty International ha chiesto alle autorità yemenite di porre fine alla repressione nei confronti delle manifestazioni antigovernative in corso da giorni nel paese. Coi primi due manifestanti uccisi nella capitale Sana’a, il totale delle vittime causate dall’uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza è salito a 16, 13 delle quali ad Aden.

L’organizzazione teme che la tattica del pugno di ferro, sinora applicata dalle autorità nel sud dello Yemen, venga applicata anche nella capitale. Le due uccisioni si sono verificate durante il raid notturno di martedì 22 febbraio compiuto dalle forze di sicurezza assistite da ‘criminali’ (come li hanno descritti i testimoni oculati) contro un sit-in di protesta all’esterno dell’Università di Sana’a.

Il rischio, sottolinea Amnesty International, è che se questa tattica prende piede più manifestazioni si svolgeranno e più persone verranno uccise. La situazione ad Aden rimane tesa e molti abitanti hanno riferito di uno ‘stato d’emergenza’ non proclamato ma applicato di fatto, con una forte presenza di apparati di sicurezza.

Un altro preoccupante sviluppo è costituito dall’arresto di un dirigente di un gruppo di opposizione attivo nel sud dello Yemen. Hassan Ba’oom, esponente del Movimento del Sud, 70 anni, in precarie condizioni di salute, è stato arrestato il 20 febbraio all’interno dell’ospedale di Aden, dove era ricoverato per una frattura a una gamba. Sarebbe trattenuto, in isolamento nella prigione centrale di Sana’a. Nei giorni precedenti l’arresto, aveva ripetutamente invocato lo svolgimento, nel sud del paese, di una ‘giornata della collera’.

Decine di altre persone, arrestate ad Aden il 16 febbraio, dovrebbero essere ancora in stato di fermo, senza accusa né processo, nella prigione centrale di al-Mansurah.