Zimbabwe: distrutta la comunità di Porta Farm

30 Maggio 2006

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Amnesty accusa lo Zimbabwe: le immagini dal satellite forniscono una prova agghiacciante della cancellazione di una comunità

CS53-2006: 31/05/ 2006

Amnesty International ha diffuso oggi immagini inedite sulla distruzione di massa di una grande comunità dello Zimbabwe, fornendo la prova più chiara possibile dell’impatto devastante della politica di demolizione delle case adottata dal governo di Harare.

Se mai ve ne fosse ancora bisogno, queste immagini costituiscono la prova inconfutabile che il governo dello Zimbabwe ha raso al suolo intere comunità, cancellandole completamente dalle mappe, come se non fossero mai esistite‘ – ha denunciato l’organizzazione per i diritti umani.

Amnesty International aveva commissionato le immagini via satellite per dimostrare la completa distruzione di Porta Farm, un grande insediamento abusivo sorto 16 anni fa, dotato di scuole, di un centro per l’infanzia e di una moschea. Insieme alle foto dal satellite, l”organizzazione per i diritti umani ha diffuso un video in cui si vedono gli sfratti forzati eseguiti prima delle demolizioni.

Le foto e il video sono un atto d’accusa contro le politiche del governo dello Zimbabwe. Mostrano come una vivace comunità sia stata orribilmente trasformata in un cumulo di rovine e macerie‘ – ha commentato Amnesty International.

Il 27 giugno 2005, circa un mese dopo l’avvio dell’operazione ‘Restaurare l’ordine’, la polizia si recò a Porta Farm e distribuì volantini in cui si chiedeva agli abitanti di radunare tutti i loro effetti personali e abbandonare le case. Gli agenti dissero che sarebbero tornati la mattina dopo. I residenti ebbero così meno di 24 ore di tempo a disposizione.

All’alba del 28 giugno un convoglio di veicoli militari e camion entrò a Porta Farm. Gli abitanti assistettero inermi all’operato dei bulldozer e degli agenti in tenuta antisommossa, che ridussero in briciole la zona. I poliziotti minacciarono fisicamente chiunque tentasse di opporre resistenza. La distruzione di Porta Farm andò avanti per tutto il giorno e cessò solo all’oscurità. Migliaia di persone furono costrette a dormire all’addiaccio, in pieno inverno, in mezzo alle macerie. Il giorno dopo la polizia tornò e completò la devastazione, caricando a forza le persone a bordo dei camion.

La distruzione di Porta Farm ebbe luogo mentre l’Inviata speciale delle Nazioni Unite, Anna Tibaijuka, si trovava nello Zimbabwe. Il 29 giugno alcuni funzionari del suo staff furono testimoni diretti delle demolizioni e delle espulsioni di Porta Farm. Nel suo rapporto, l’Inviata speciale riferì come il suo staff fosse rimasto ‘scioccato dalla brutalità’ cui aveva assistito. Secondo osservatori locali per i diritti umani, nell’operazione vennero uccise diverse persone, tra cui due bambini.

Ulteriori informazioni

Nel maggio 2005 il governo dello Zimbabwe lanciò l’operazione ‘Restaurare l’ordine’, che prevedeva massicci sfratti forzati e la demolizione di case e di banchi di lavoratori ambulanti. L’operazione, condotta in pieno inverno e in un periodo di grave crisi alimentare, prese di mira le comunità povere delle zone urbane e semiurbane di tutto il paese.
In un duro rapporto reso pubblico il 22 luglio 2005, le Nazioni Unite stimarono che nell’arco di circa sei settimane almeno 700.000 persone avevano perso le proprie case o i propri beni, o entrambi.

Le comunità colpite dall’operazione ‘Restaurare l’ordine’ sono tra le più povere e vulnerabili dello Zimbabwe. Diverse di esse, come quella di Porta Farm, avevano già subito sfratti forzati da parte delle autorità. Anche in quei casi, le vittime avevano ricevuto un preavviso inesistente e non era stata fornita loro alcuna sistemazione alternativa. Secondo il governo di Harare, gli sfrattati dovrebbero tornare in campagna.

Le immagini via satellite diffuse da Amnesty International sono state analizzate dall’American Association for the Advancement of Science, col finanziamento della Mac Arthur Foundation (Usa).

FINE DEL COMUNICATO                                                  Roma, 31 maggio 2006

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