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In vista delle elezioni del 31 luglio, la polizia dello Zimbabwe prosegue e intensifica le intimidazioni e le persecuzioni nei confronti dei difensori dei diritti umani. Lo ha denunciato Amnesty International, in un rapporto reso noto oggi, che descrive sistematici raid negli uffici delle associazioni, arresti arbitrari, sequestri di apparecchiature e materiali con lo scopo di impedire il monitoraggio della campagna elettorale.
‘La repressione contro i difensori dei diritti umani è un allarmante indicatore dell’ostilità del governo nei confronti della società civile’ – ha dichiarato Noel Kututwa, vicedirettore del Programma Africa di Amnesty International.
Dal novembre 2012, la polizia ha condotto almeno cinque raid nei confronti di altrettante sedi di Organizzazioni non governative, imprigionando illegalmente decine di difensori dei diritti umani, molti dei quali dovranno rispondere in tribunale di accuse pretestuose e politicamente motivate.
Anche se la persecuzione dei difensori dei diritti umani non termina sempre con un’incriminazione formale, di fatto paralizza l’operato delle Organizzazioni non governative con i dirigenti che compaiono in tribunale, con fondi sottratti alle attività istituzionali per pagare le parcelle degli avvocati e la paura di venire effettivamente imprigionati.
Amnesty International ha documentato un evidente sostegno fazioso all’azione repressiva in corso da parte di alti esponenti dei servizi di sicurezza che hanno manifestato apertamente il loro sostegno al presidente del partito Zanu-Pf del presidente Robert Mugabe.
‘Questa condotta è inaccettabile ed espressamente proibita dalla nuova Costituzione dello Zimbabwe. Dati i precedenti di violenza sponsorizzata dallo stato, è destinata a produrre paura nella popolazione, specialmente tra coloro che hanno subito gravi violazioni dei diritti umani in occasione delle elezioni del 2008’ – ha sottolineato Kututwa.
Nei giorni che precedettero il secondo turno delle elezioni presidenziali del 2008, almeno 200 persone vennero uccise e migliaia furono torturate, spesso con il consenso o con l’attivo coinvolgimento della polizia, dell’esercito e dei servizi di sicurezza.
Per risolvere la crisi politica seguita alle elezioni, la Comunità per lo sviluppo dell’Africa del Sud (Sadc) si prodigò per raggiungere, l’anno successivo, un Accordo politico globale (Gpa).
Amnesty International si è appellata al Sadc e all’Unione africana, garanti del Gpa, affinché prendano tutte le misure necessarie per assicurare che il 31 luglio non abbiano a ripetersi episodi di violenza sponsorizzata dallo stato. Queste misure dovrebbero comprendere l’invio di osservatori elettorali col compito di documentare meticolosamente eventuali violazioni dei diritti umani, soprattutto quelle compiute dalle agenzie governative, e di diffondere dichiarazioni pubbliche di condanna di tali violazioni.
‘La posta in gioco in queste elezioni e nella campagna elettorale è grande e non può essere considerata routine, né all’interno dello Zimbabwe né da parte della comunità internazionale. Una nuova Costituzione è entrata in vigore a maggio. Il governo deve onorare gli impegni che quel testo prevede e proteggere le libertà fondamentali di tutti i cittadini’ – ha commentato Kututwa.