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In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Amnesty International ha rinnovato il suo impegno per i diritti delle donne afgane documentando le storie di 16 di loro che, negli ultimi 20 anni, hanno dovuto superare enormi ostacoli per partecipare alla vita pubblica e che ora devono lottare contro l’oppressione dei talebani.
Da quando, il 15 agosto 2021, hanno preso il controllo dell’Afghanistan, i talebani hanno imposto forti limitazioni nei confronti delle donne e delle ragazze. Salvo per quanto riguarda il sistema sanitario e poche altre eccezioni, è stato vietato loro di tornare al lavoro o di muoversi senza essere accompagnate da un “mahram” (guardiano di sesso maschile).
Dal 20 settembre, le bambine di età superiore ai 12 anni non possono andare a scuola mentre all’università è stata introdotta una rigida segregazione.
Impedire alle donne di lavorare ha acuito i problemi economici di molte famiglie, che in precedenza potevano contare su entrate fisse da un lavoro stabile. Toglierle dai ruoli di governo ha creato un enorme vuoto di efficienza amministrativa.
Per di più, ora le donne rischiano di subire violenza di genere e grandi limitazioni ai loro diritti alla libertà di manifestazione e di espressione, che penalizzano anche le loro scelte in termini di abbigliamento.
“Quando ho sentito che i talebani erano entrati a Kabul, mi sono sentita crollare a pezzi. Dalla luminosità sono caduta nel buio e non ho speranza di rivedere la luce”, ha dichiarato Sediqa Mushtaq, imprenditrice.
“I talebani hanno istituzionalizzato la discriminazione contro le donne, ci negano i diritti fondamentali. Vogliono spazzarci via dalla vita pubblica e renderci prigioniere nelle nostre abitazioni”, ha aggiunto Fawzia Amini, ex giudice della Corte suprema.
Sebbene ci fosse ancora molto da fare, dalla caduta del primo regime dei talebani la situazione dei diritti delle donne era molto migliorata. Tre milioni e 300.000 bambine frequentavano le scuole e le donne partecipavano attivamente alla vita politica, economica e sociale dell’Afghanistan. Nonostante il conflitto non fosse mai cessato, le donne erano presenti nell’avvocatura, nelle professioni sanitarie e tecniche, nell’istruzione, nella magistratura, nel giornalismo, nella politica, nell’amministrazione pubblica, nello sport e nell’imprenditoria. Erano protagoniste dell’attivismo per i diritti umani. Erano entrate nelle forze di polizia e nelle forze armate.
“La comunità internazionale deve premere sui talebani affinché garantiscano i diritti delle donne e assicurino la nostra partecipazione al governo. I talebani non possono eliminare metà della popolazione dell’Afghanistan”, ha concluso Zala Zazai, ex agente di polizia.